Capitolo 2 Progresso tecnico, demografia e crescita economica

Come avviene il progresso tecnico e in che modo esso sostiene la crescita del tenore di vita

Nel 1845 apparve per la prima volta in Irlanda una nuova e misteriosa malattia, che faceva marcire le patate nei campi; quando si capiva che la pianta era infetta era già troppo tardi. La “ruggine delle patate”, come essa venne chiamata, distrusse la produzione alimentare irlandese per il resto del decennio. Durante la carestia che ne seguì, un milione di irlandesi persero la vita, su una popolazione iniziale di 8,5 milioni. Il tasso di mortalità fu dunque pari a quello della Germania durante la Seconda guerra mondiale.

La carestia irlandese sollecitò aiuti da tutto il mondo. Ex schiavi nei Caraibi, detenuti nella prigione newyorkese di Sing Sing, bengalesi ricchi e poveri, e i nativi americani Choctaw: tutti donarono denaro, e così fecero celebrità come il Sultano ottomano Abdulmecid e papa Pio IX. Come spesso accade, la gente comune si immedesimò nella condizione di chi stava soffrendo, e agì di conseguenza.

Ma alcuni economisti si mostrarono molto più insensibili. Uno dei più conosciuti, Nassau Senior, si oppose con forza all’invio di aiuti da parte del governo britannico, e un collega dell’Università di Oxford riferì inorridito di averlo sentito affermare che “temeva che la carestia irlandese del 1848 non avrebbe ucciso più di un milione di persone, e questo non sarebbe stato sufficiente per sortire effetti positivi.”

Le opinioni di Senior erano moralmente riprovevoli, ma non riflettevano il desiderio genocida di veder morire gli uomini e le donne irlandesi. Al contrario, erano la conseguenza logica di una delle più influenti dottrine economiche dell’inizio del secolo XIX, il malthusianesimo, sviluppata dallo studioso ed ecclesiastico inglese Thomas Malthus nel suo Saggio sui principi della popolazione, la cui prima edizione risale al 1798.1

Malthus riteneva che una crescita sostenuta del reddito pro capite sarebbe stata impossibile. Questo perché, anche in presenza di un miglioramento tecnologico che avesse aumentato la produttività del lavoro, la gente avrebbe reagito al miglioramento delle propria situazione economica aumentando il numero di figli. La crescita demografica sarebbe a quel punto proseguita fino a che il tenore di vita non si fosse ridotto in misura sufficiente da frenare l’aumento demografico.

Esistono prove che gli amministratori vittoriani delle colonie pensassero che la carestia fosse la risposta della natura ad una riproduzione eccessiva. Mike Davis sostiene che questa mentalità abbia causato un’estinzione di massa evitabile e senza precedenti, che egli definisce “genocidio culturale”.2

L’idea di Malthus che non fosse possibile sfuggire al circolo vizioso della povertà venne diffusamente accettata; essa ben descriveva il mondo in cui viveva Malthus, in cui il reddito poteva fluttuare di anno in anno o anche di secolo in secolo, ma non mostrava alcuna tendenza a crescere stabilmente. Come mostrato dalla figura 1.1, questa era stata del resto la situazione di molti paesi nei 700 anni precedenti la pubblicazione del libro di Malthus.

Diversamente dal La ricchezza delle nazioni di Adam Smith, che era apparso solo 22 anni prima, il libro di Malthus non offriva alcuna visione ottimistica del progresso economico — almeno per quanto poteva riguardare un comune contadino o operaio. Anche se si fosse riusciti a migliorare le tecniche produttive, nel lungo periodo la stragrande maggioranza della gente avrebbe tratto dalla propria fattoria o dal proprio lavoro quanto era necessario per la sussistenza, e niente di più.

Rivoluzione industriale
Nome dato all’insieme di avanzamenti tecnologici e innovazioni organizzative che iniziarono in Inghilterra nel XVIII secolo e trasformarono un sistema di produzione agricolo e artigianale in un’economia industriale.

Ma negli anni in cui Malthus sviluppava la sua teoria, qualcosa di molto rilevante stava accadendo, cambiamenti che avrebbero consentito all’Inghilterra, e ad un gran numero di altri Paesi nei successivi cento anni, di sfuggire al circolo vizioso della crescita demografica e della stagnazione del reddito che egli descriveva. Tali cambiamenti sono noti come Rivoluzione industriale — una straordinaria fioritura di invenzioni e innovazioni radicali che consentirono di ottenere la stessa produzione con l’impiego di una quantità inferiore di lavoro.

In campo tessile, le più famose invenzioni riguardarono la filatura, tradizionalmente svolta dalle donne, e la tessitura, che spettava invece agli uomini. Nel 1733 John Kay inventò la “spoletta volante” (flying shuttle), che accrebbe grandemente la quantità che un tessitore poteva produrre in un’ora. Ciò aumentò la domanda di filato, al punto che divenne difficile per le filatrici produrre quantità sufficienti a soddisfarla utilizzando la tecnica tradizionale del filatoio a mano. La “giannetta” (spinning jenny) di James Hargreaves, introdotta nel 1764, rappresentò una risposta a questo problema.

tecnologia polivalente
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general purpose
Si dice di una tecnologia o innovazione tecnologica che trova applicazione in molteplici settori, dando vita a ulteriori innovazioni. L’elettricità e le tecnologie dell’informazione e della comunicazione sono due esempi di tecnologia general purpose.

In altri campi furono realizzate innovazioni altrettanto dirompenti. Il motore a vapore di James Watt, introdotto negli stessi anni in cui Adam Smith pubblicava la Ricchezza delle nazioni, è un tipico esempio di ciò che chiamiamo innovazione o tecnologia general purpose (ovvero suscettibile di molteplici possibili usi). Motori a vapore sempre più perfezionati vennero progressivamente utilizzati in ogni settore dell’economia: non solo nell’attività mineraria, dove venivano utilizzati per dare energia alle pompe, ma anche in campo tessile, nella manifattura, nel trasporto ferroviario e marittimo. Il parallelo più ovvio dei decenni più recenti è il computer.

Il carbone giocò un ruolo centrale, e la Gran Bretagna ne aveva in quantità. Precedentemente alla Rivoluzione industriale, la maggior parte dell’energia utilizzata in campo economico era in ultima analisi prodotta dai vegetali commestibili, che convertivano l’energia solare in cibo per gli animali e gli uomini, o dagli alberi, il cui legno poteva essere bruciato o trasformato in carbonella. Con il passaggio al carbone, gli esseri umani furono in grado di sfruttare la vasta riserva di ciò che in effetti rappresentava energia solare immagazzinata. Come vedremo più avanti, questa opportunità ha avuto un costo in termini di impatto ambientale.

Le invenzioni descritte, insieme con altre innovazioni portate dalla Rivoluzione industriale, ruppero il circolo vizioso di Malthus. Il progresso tecnico aumentò la quantità che ciascuna persona era in grado di produrre in un’unità di tempo, consentendo ai redditi di crescere anche in presenza di un aumento della popolazione. Continuando a progredire con sufficiente velocità, il progresso tecnico più che compensava la crescita della popolazione determinata dall’aumentato reddito, e consentiva al tenore di vita di migliorare. Successivamente, in Inghilterra e in altre parti del mondo, il legame tra aumento del reddito e crescita della popolazione venne rotto dal fatto che le famiglie, pur potendosi permettere molti figli, maturarono preferenze per famiglie meno numerose.

Andamento dei salari reali lungo sette secoli: gli artigiani (lavoratori specializzati) di Londra (1264–2001) e la popolazione della Gran Bretagna.

Figura 2.1 Andamento dei salari reali lungo sette secoli: gli artigiani (lavoratori specializzati) di Londra (1264–2001) e la popolazione della Gran Bretagna.

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La figura 2.1 mostra un indice dei salari reali (cioè aggiustati per i cambiamenti dei prezzi) degli artigiani specializzati a Londra tra il 1264 e il 2001, rappresentato insieme all’andamento della popolazione della Gran Bretagna nello stesso periodo. Per lungo periodo il tenore di vita è rimasto intrappolato entro una logica malthusiana; salari reali e popolazione cominciarono a crescere proprio negli anni in cui Malthus scriveva, e il tenore di vita subì una vera e propria impennata dopo il 1830.

Cosa significa indice dei salari reali?

Il termine “indice” considera una quantità rapportata al suo valore in un altro periodo (il periodo di riferimento), che viene solitamente normalizzato a 100.

Il termine “reale” indica che il salario monetario (ad esempio, sei scellini all’ora a quel tempo) di ciascun anno è stato corretto per tener conto dei cambiamenti dei prezzi nel corso del tempo. Il risultato rappresenta il reale potere d’acquisto della remunerazione percepita dai lavoratori.

La scelta dell’anno è arbitraria; in questo caso è stato scelto il 1850, ma la curva avrebbe la stessa forma se fosse stato selezionato un altro anno; sarebbe stata più in alto o più basso, ma avrebbe avuto comunque l’andamento del bastone da hockey.

Domanda 2.1 Scegliete le risposte corrette

La figura 1 mostra un indice della media dei salari reali dei lavoratori specializzati a Londra tra il 1264 e il 2001. Dal grafico vediamo che:

  • I lavoratori specializzati erano pagati circa £100 nel 1408.
  • Il salario medio nel 1850 era circa lo steso di quello del 1408 in termini nominali (in sterline).
  • Il salario reale reale è stato più o meno costante tra il 1264 e il 1850.
  • Il salario reale reale è aumentato di circa il 600% tra il 1850 e il 2001.
  • Questo è un grafico di un indice dei salari reali. L’indice è di circa 100 nel 1408, ma questo non fornisce alcuna informazione su quale fosse il salario monetario.
  • I salari rappresentati sono salari reali, quindi vengono aggiustati per tener conto delle variazioni dei prezzi.
  • Mentre il grafico sembra abbastanza costante tra il 1264 e il 1850 rispetto al rapido aumento dal 1850, il salario reale è quasi raddoppiato e poi dimezzato di nuovo tra il 1264 e il 1600 (si veda la scala sull’asse y).
  • Nel 1850 l’indice reale dei salari era circa pari a 100; nel 2001, l’indice era aumentato di circa sei volte.

Per quale motivo la spinning jenny, il motore a vapore e un insieme di altre invenzioni hanno avuto luogo e si sono diffuse nell’economia proprio in Inghilterra e proprio a quel tempo? Questa è una delle domande più importanti nel campo della storia economica, e gli storici continuano a discuterne.

In questo capitolo forniremo una spiegazione di come il progresso tecnico abbia avuto luogo, e perché ciò sia in primo luogo accaduto proprio nell’Inghilterra del XVIII secolo. Spiegheremo anche perché, prima in Inghilterra e poi nel resto del mondo, sia stato così difficile abbandonare la lunga parte piatta del bastone da hockey della figura 2.1. Lo faremo attraverso la costruzione di modelli, ovvero di rappresentazioni semplificate che ci aiutano a comprendere quel che succede concentrando l’attenzione su ciò che è importante. I modelli ci aiuteranno a capire sia la curva nel bastone da hockey sia il suo lungo manico piatto.

2.1 Economisti, storici e Rivoluzione industriale

Perché la Rivoluzione industriale è avvenuta per la prima volta nel XVIII secolo, su un’isola al largo delle coste dell’Europa? Il modello presentato in questo capitolo spiega l’improvviso e considerevole aumento degli standard di vita in Gran Bretagna nel XVIII secolo basandosi sulla tesi dello storico dell’economia Robert Allen. Tale modello dà conto dei cambiamenti strutturali intervenuti con la Rivoluzione industriale assegnando un ruolo centrale a due aspetti dell’economia britannica dell’epoca: il costo relativamente elevato del lavoro e il basso costo delle fonti energetiche locali.3

La Rivoluzione industriale è stata molto di più della rottura del ciclo malthusiano: è stata una combinazione complessa di cambiamenti intellettuali, tecnologici, sociali, economici e morali interdipendenti. Non c’è unanimità tra gli storici e gli economisti sull’importanza da assegnare a ciascuno di questi elementi, e fin dal suo verificarsi si sono scontrate diverse interpretazioni dei motivi del primato della Gran Bretagna e dell’Europa in generale. Insomma, la tesi di Allen non è certo l’unica avanzata.

Probabilmente gli studiosi non si troveranno mai completamente d’accordo circa le cause della Rivoluzione industriale. Una delle ragioni è che un cambiamento come questo ha avuto luogo una volta sola, ed è più difficile per gli scienziati sociali spiegare episodi singoli. Un altro problema è che il decollo europeo fu probabilmente il risultato di una combinazione di fattori: scientifici, demografici, politici, geografici, militari, e così via. E non manca chi sostiene che esso non fu solo l’effetto di cambiamenti interni all’Europa, ma fu determinato anche dall’interazione fra Europa e resto del mondo.

Gli storici come Pomeranz tendono a concentrarsi sui tratti specifici di quel tempo e quel luogo. Essi sono più propensi a concludere che la Rivoluzione industriale abbia avuto luogo a causa di una combinazione unica di circostanze favorevoli (anche se possono essere in disaccordo su quali siano state tali cause).

Gli storici economici come Allen, invece, sono più propensi a ricercare meccanismi generali che possano spiegare il successo o il fallimento in tempi e luoghi diversi. Gli economisti hanno molto da imparare dagli storici, ma spesso gli argomenti degli storici non sono sufficientemente precisi da condurre a ipotesi verificabili attraverso un modello (l’approccio che utilizziamo in questo capitolo). Alcuni storici possono viceversa ritenere semplicistiche le spiegazioni degli economisti in quanto tendono a trascurare circostanze storiche importanti. Questa tensione creativa è ciò che rende la storia economica così affascinante.

Se volete sapere cosa pensano questi studiosi l’uno dell’altro, leggete ciò che Gregory Clark scrive del lavoro di Joel Mokyr o ciò che Robert Allen scrive del lavoro di Gregory Clark.

In anni recenti gli storici dell’economia hanno compiuto grandi progressi nel fornire dati quantitativi sulla crescita economica di lungo periodo. Il loro lavoro facilita la comprensione di ciò che è accaduto, rendendo possibile capire perché è accaduto. Alcune ricerche si sono concentrate sul confronto fra i salari reali nei paesi nel lungo periodo e ciò ha richiesto la raccolta di dati sui salari e sui prezzi dei beni consumati dai lavoratori. Una serie di studi ancora più ambiziosi ha ricostruito il PIL pro capite risalendo fino al Medio Evo.

Qui ci concentreremo sulle condizioni economiche che hanno contribuito al decollo britannico, ma ogni economia che è uscita dalla trappola malthusiana ha preso una diversa via di fuga. Le traiettorie nazionali di chi è venuto subito dopo sono state in parte influenzate dal ruolo dominante che l’Inghilterra aveva assunto nell’economia mondiale. La Germania, per esempio, non poteva competere con l’Inghilterra nel settore tessile; il governo e le grandi banche hanno giocato un ruolo importante nel creare l’industria siderurgica e altre industrie pesanti.

Il Giappone fu in grado di competere e addirittura superare l’Inghilterra nell’esportazione di prodotti tessili in alcuni mercati asiatici, traendo beneficio dall’isolamento di cui godeva per effetto della distanza (diverse settimane di viaggio a quel tempo) dagli allora paesi leader. Il Giappone importò in modo selettivo la tecnologia e le istituzioni del sistema economico capitalista, mantenendo alcune istituzioni tradizionali, tra cui il ruolo dell’imperatore, che sarebbe sopravvissuto fino alla Seconda guerra mondiale.

L’India e la Cina presentano differenze ancora più marcate. La Cina ha sperimentato la rivoluzione capitalista in anni recenti, quando il Partito Comunista ha deciso di abbandonare il modello di economia pianificata, antitesi del modello capitalista, che lo stesso Partito aveva in precedenza realizzato. L’India, invece, è stato la prima grande economia nella storia ad aver adottato la democrazia, incluso il suffragio universale, prima di affrontare la rivoluzione capitalista.

Come abbiamo visto nel Capitolo 1, la Rivoluzione industriale non ha portato ovunque nel mondo la crescita economica. Poiché ha avuto origine in Inghilterra e si è diffusa solo lentamente nel resto del mondo, nel XIX e XX secolo essa ha comportato una crescita enorme delle disparità di reddito tra paesi. Studiando la crescita economica di tutto il mondo nei secoli XIX e XX, lo storico americano David Landes si è posto la domanda: “perché noi siamo ricchi e loro poveri?”, dove per “noi” intendeva le società ricche dell’Europa e del Nord America, e per “loro” le società più povere dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina. Landes contrappone due possibili risposte a questa domanda, che egli formula provocatoriamente in questo modo:8

La prima è che noi siamo così ricchi e loro così poveri perché noi siamo buoni e loro cattivi; ovvero, noi lavoriamo sodo, siamo competenti, educati, ben governati, efficaci, e produttivi, e loro sono l’opposto. L’altra è che noi siamo così ricchi e loro così poveri perché noi siamo cattivi e loro buoni: noi siamo avidi, senza scrupoli, sfruttatori, aggressivi, mentre loro sono deboli, innocenti, virtuosi, maltrattati, e vulnerabili.

— David Landes, Why are we so rich and they so poor? (1990)

Se pensiamo che la Rivoluzione industriale abbia avuto luogo in Europa a causa della riforma protestante, o del Rinascimento, o della rivoluzione scientifica, o dello sviluppo di più sofisticati diritti di proprietà, di buone politiche pubbliche, allora ci collochiamo nel primo campo. Se riteniamo che le cose siano andate così in seguito al colonialismo, alla schiavitù, o alle guerre, ci collochiamo nel secondo.

In entrambi i casi, vi sono stati fattori non economici che, secondo alcuni studiosi, hanno avuto conseguenze economiche importanti. Ed è evidente come la scelta tra le due possibili risposte indicate da Landes possa diventare ideologicamente scottante; sebbene, come precisa lo stesso Landes, una linea di ragionamento non escluda necessariamente l’altra.

2.2 I modelli economici: vedere meglio guardando meno cose

Ciò che accade in un’economia dipende da quel che fanno milioni di persone, e dagli effetti delle loro decisioni sul comportamento altrui. Sarebbe impossibile comprendere l’economia descrivendo ogni dettaglio di ciò che queste persone fanno e come interagiscono. Abbiamo bisogno di fare un passo indietro e guardare la situazione nel suo insieme. Per fare questo usiamo dei modelli.

Per creare un modello efficace abbiamo bisogno di distinguere tra le caratteristiche essenziali dell’economia che sono rilevanti per la domanda cui vogliamo rispondere, caratteristiche che saranno prese in considerazione nel modello, e i dettagli meno importanti, che il modello può ignorare.

Esistono molti tipi di modelli. Tre di essi sono stati già presentati nelle figure 1.5, 1.8 e 1.11 nel capitolo 1.

Esistono molti tipi di modelli. Tre di essi sono stati già presentati nelle figure 1.5, 1.8 e 1.11 nel capitolo 1.

flusso
Una grandezza misurata in rapporto a un intervallo di tempo, come il reddito annuo o il salario orario.

Vi sono molti tipi di modelli. Tre di essi sono stati rappresentati nelle figure 1.5, 1.8 e 1.11 nel Capitolo 1. La figura 1.11, per esempio, illustra come le interazioni economiche comportino flussi di beni (quando acquistiamo una lavatrice), di servizi (quando ci facciamo tagliare i capelli o prendiamo l’autobus) e anche di persone (quando passiamo la nostra giornata lavorando per chi ci ha assunto).

La figura 1.11 rappresenta un modello in forma di diagramma, e illustra i flussi che hanno luogo in un’economia e tra l’economia e la biosfera. Il modello non è “realistico” — l’economia e la biosfera non somigliano in nessun modo a quanto vediamo nella figura — eppure è utile a illustrare le relazioni tra queste dimensioni. Il fatto che il modello ometta molti dettagli, e che sia in questo senso irrealistico, è una sua caratteristica, non un difetto.

La spiegazione di Malthus del motivo per cui un miglioramento nella tecnologia non può aumentare lo standard di vita si basa anche su un modello: una semplice descrizione dei rapporti tra reddito e popolazione.

Alcuni economisti, per illustrare e studiare il funzionamento dell’economia, hanno fatto uso di modelli mutuati dalla fisica. Per la sua tesi di dottorato alla Yale University nel 1891, Irvin Fisher rappresentò i flussi economici attraverso un congegno idraulico con leve interconnesse e serbatoi mobili pieni d’acqua (figura 2.2), che mostravano come i prezzi dei beni dipendessero dalla quantità offerta di ciascun bene, dal reddito dei consumatori, e da quale valore ciascuno di essi attribuisse a ciascun bene. Il congegno cessava di muoversi nel momento in cui l’acqua in ciascun serbatoio raggiungeva il livello del contenitore in cui era collocato. Una volta raggiunta questa posizione di stasi, la posizione assunta dal divisorio in ciascun serbatoio corrispondeva al prezzo di ciascun bene. Nei 25 anni seguenti Fisher avrebbe utilizzato il marchingegno per insegnare ai suoi studenti il funzionamento del mercato.

Il modello idraulico di equilibrio economico di Irving Fisher (1891).

Figura 2.2 Il modello idraulico di equilibrio economico di Irving Fisher (1891).

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Come si utilizzano i modelli in economia

Il congegno idraulico di Fisher illustra come vengono utilizzati i modelli:

  1. in primo luogo egli ha costruito un modello per cogliere gli elementi dell’economia che riteneva fossero rilevanti per la determinazione dei prezzi;
  2. quindi ha usato il modello per mostrare come le interazioni tra gli elementi possono determinare un insieme di prezzi che, una volta raggiunti, tendono a non modificarsi;
  3. infine, ha condotto esperimenti con il modello per scoprire gli effetti di cambiamenti nelle condizioni economiche: per esempio, se l’offerta di un certo bene aumenta, cosa accade al relativo prezzo? E cosa accade ai prezzi di tutti gli altri beni?

Irvin Fisher sarebbe diventato uno dei più stimati economisti del XX secolo e i suoi contributi avrebbero posto le basi della moderna teoria del credito che descriveremo nel Capitolo 10. Non dobbiamo pensare che fosse un tipo eccentrico solo perché la sua tesi di dottorato rappresentava l’economia come un grande recipiente pieno d’acqua. Al contrario, la sua macchina è stata descritta da Paul Samuelson, lui stesso uno dei più grandi economisti del XX secolo, come la “miglior tesi di dottorato in economia mai scritta”.

equilibrio
Una situazione che in un certo modello tende ad autoperpetuarsi, nella quale il valore di una variabile di interesse non cambia a meno che non venga introdotta una forza esterna che altera i dati che descrivono quella situazione nel modello.

La macchina di Fisher illustra un concetto importante in economia: un equilibrio è una situazione che tende ad autoperpetuarsi. Ovvero, una situazione in cui qualcosa che per noi è rilevante non cambia a meno che non si introduca dall’esterno una forza che alteri i dati di base che descrivono la situazione. Nel suo modello, Fisher ha rappresentato l’equilibrio come il raggiungimento di uno stesso livello dell’acqua, a indicare la costanza dei prezzi.

livello di sussistenza
Il livello di standard di vita (misurato come quantità di beni consumati o come reddito) che fa sì che una popolazione non cresca e non si riduca nel tempo.

Nei capitoli che seguono useremo il concetto di equilibrio per spiegare i prezzi, mentre qui lo applicheremo al modello malthusiano. Per Malthus un salario pari al livello di sussistenza è un equilibrio perché, proprio come le differenze nei livelli di acqua nei diversi serbatoi della macchina di Fisher, perturbazioni che allontanano i salari dal livello di sussistenza tendono ad auto-correggersi, visto che i salari tendono a tornare in modo automatico al livello di sussistenza quando la popolazione cresce.

Si noti che equilibrio significa che uno o più cose restano costanti, ma non significa necessariamente che non vi sia nessun cambiamento. Ad esempio, si può parlare di equilibrio anche relativamente ad una situazione in cui il PIL o i prezzi stanno aumentando ad un tasso costante.

La procedura per creare un modello segue dunque questi passaggi:

  1. costruiamo una descrizione semplificata delle condizioni per le quali le persone intraprendono certe azioni;
  2. descriviamo in termini semplici cosa determina le azioni intraprese dalle persone;
  3. spieghiamo come ciascuna delle loro azioni ha effetto sugli altri;
  4. determiniamo gli esiti delle azioni: questo rappresenta in molti casi un equilibrio (spesso identificato dal fatto che gli esiti sono costanti);
  5. infine, cerchiamo di capirne di più studiando quel che succede quando le condizioni cambiano.

Spesso i modelli economici fanno uso, insieme alle parole, di equazioni matematiche e di grafici. La matematica è parte del linguaggio economico, e spesso aiuta a rendere le nostre affermazioni più precise e più facili da capire per gli altri. Una parte rilevante delle conoscenze economiche, tuttavia, non può essere espressa semplicemente tramite categorie matematiche, ma richiede descrizioni chiare che utilizzino definizioni condivise dei termini utilizzati.

Per descrivere i modelli useremo dunque sia le parole sia la matematica. Spesso useremo i grafici, ma potrete sempre esaminare le equazioni che stanno dietro a quei grafici guardando nelle sezioni Leibniz fornite a integrazione di questo testo e segnalate a margine.

Un modello inizia con alcune assunzioni o ipotesi su come le persone si comportano, e spesso ci fornisce alcune previsioni su quel che osserveremo nell’economia. Raccogliere dati sull’economia, e confrontarli con le previsioni dei modelli, ci aiuta a stabilire se le assunzioni che abbiamo fatto per costruire il modello — cosa includere e cosa lasciare fuori — siano o meno giustificate.

Cosa determina la bontà di un modello?

  • è chiaro: ci aiuta a capire meglio qualcosa di importante;
  • ci dà previsioni accurate: le sue previsioni sono coerenti coi dati raccolti;
  • migliora la comunicazione: ci aiuta a capire su quali punti siamo in accordo o in disaccordo;
  • è utile: possiamo utilizzarlo per migliorare il funzionamento dell’economia.

I governi, le banche centrali, le grandi imprese, i sindacati e chiunque sia impegnato nel proporre politiche o predire l’evoluzione dell’economia usa qualche tipo di modello semplificato.

I cattivi modelli provocano spesso politiche disastrose. Per poterci fidare dei modelli che utilizziamo, dobbiamo confrontarli con i dati. Vedremo che i nostri modelli economici del circolo vizioso del livello di sussistenza malthusiana e della rivoluzione tecnologica permanente passano questo test, anche se lasciano molte domande senza risposta.

Esercizio 2.1 Disegnare un modello

Cercate la mappa di una rete ferroviaria o di trasporto pubblico di un Paese (o una città) a vostra scelta. Nel disegnare questo “modello”, in che modo sono stati selezionati gli aspetti della realtà da includere?

2.3 Concetti di base: prezzi, costi e rendite da innovazione

Introduciamo ora un modello economico che ci aiuti a spiegare perché, nel passato come nelle economie contemporanee, si possa scegliere di adottare una nuova tecnica produttiva. Costruiamo il nostro modello utilizzando quattro idee chiave della modellizzazione economica:

ceteris paribus
Letteralmente significa ‘a parità di altre condizioni’. È una strategia di semplificazione dell’analisi che consiste nel restringere l’attenzione ai soli aspetti che si ritengono rilevanti per rispondere alla domanda posta, considerando che tutti gli altri aspetti restino invariati o costanti.
incentivi
Ricompense o sanzioni economiche che influenzano i benefici e i costi associati a corsi di azione alternativi.
prezzo relativo
Prezzo di un bene o servizio rispetto al prezzo di un altro bene o servizio (è espresso solitamente come un rapporto).
rendita economica
La ottiene un individuo che riceve un pagamento o un altro tipo di remunerazione superiore a quanto avrebbe ricevuto nella migliore alternativa alla situazione corrente (cioè scegliendo l’opzione di riserva). Vedi anche: opzione di riserva

Parte del processo di apprendimento dell’economia consiste nell’assimilare un nuovo linguaggio. Questi termini ricorreranno con frequenza nei capitoli che seguono, ed è importante imparare ad usarli in modo preciso e con sicurezza.

L’ipotesi ceteris paribus e le altre semplificazioni

Come è normale nell’indagine scientifica, gli economisti spesso semplificano l’analisi mettendo da parte ciò che pensano sia di secondaria importanza, usando espressioni come “a parità di altre condizioni” o l’equivalente espressione latina ceteris paribus. Più avanti in questo corso, ad esempio, renderemo più semplice l’analisi delle scelte di acquisto considerando l’effetto del cambiamento di un prezzo ma ignorando le influenze sul comportamento di aspetti come la fedeltà ad una certa marca o l’opinione degli altri sulle nostre scelte. Ci chiederemo: cosa accadrebbe se il prezzo cambiasse ma tutti gli altri fattori che possono influenzare la nostra decisione rimanessero invariati? L’assunzione ceteris paribus, utilizzata correttamente, può chiarire il quadro senza distorcere i fatti chiave.

Quando studiamo i modi in cui un sistema economico capitalista promuove il progresso tecnico, guardiamo a come i cambiamenti nei salari influenzano la scelta delle tecniche da adottare delle imprese. Per semplificare il modello il più possibile, possiamo “mantenere costanti” gli altri fattori che influenzano le imprese. In altre parole, assumiamo che:

Esercizio 2.2 L’utilizzo dell’ipotesi ceteris paribus

Supponiamo di dover analizzare il mercato degli ombrelli, nel quale il numero degli ombrelli venduti dipende dal loro colore e dal prezzo ceteris paribus.

  1. Quali variabili devono essere tenute costanti?
  2. A quali delle seguenti domande pensate che questo modello possa rispondere?
    • Perché il numero di ombrelli venduti annualmente in alcuni negozi della capitale è più elevato rispetto a quello degli altri negozi della capitale?
    • Perché le vendite settimanali di ombrelli nella capitale sono aumentate negli ultimi sei mesi?
  3. Provate a suggerire come il modello potrebbe essere migliorato per rispondere alle domande del punto precedente.

Gli incentivi contano

Perché l’acqua nella macchina idraulica di Fisher si muove quando la posizione iniziale di equilibrio viene perturbata da un cambiamento della quantità di “offerta” o di “domanda” di uno o più beni? La gravità agisce sull’acqua, che si muove verso dove il suo livello è più basso. I tubi consentono all’acqua di cercare il livello più basso, ma limitano il modo in cui essa può scorrere.

Tutti i modelli economici hanno qualcosa di equivalente alla forza di gravità e una descrizione dei possibili movimenti. L’equivalente della gravità nei modelli economici è l’assunzione che, quando decidono per un’azione o l’altra, gli individui cercano di ottenere il risultato migliore (rispetto a una qualche misura). L’analogo della libertà di movimento dell’acqua nella macchina di Fisher è l’idea che gli individui non debbano sottostare a qualche indicazione su cosa fare, ma siano liberi di selezionare tra diversi corsi di azione. È qui che, ad influenzare le scelte che facciamo, entrano in gioco gli incentivi economici: non possiamo fare tutto quel che ci pare, non tutti i canali sono aperti.

Come molti modelli economici, quello che usiamo per spiegare la rivoluzione tecnologica permanente si basa sull’idea che persone e imprese rispondano agli incentivi economici. Come vedremo nel Capitolo 4, le persone sono motivate non solo dal desiderio di guadagno materiale ma anche dalla passione, dall’odio, dal senso del dovere, dal desiderio di approvazione. Ma la ricerca delle comodità materiali è senz’altro una fonte importante di motivazione, e gli incentivi economici fanno appello a tale motivazione.

Quando i proprietari o i manager di un’impresa decidono quanti lavoratori assumere, o quando il cliente di un negozio decide cosa e quanto acquistare, i prezzi sono un fattore determinante della sua decisione. Se in un supermercato i prezzi sono molto più bassi che nel negozio all’angolo, e il supermercato non è troppo lontano, avremo un buon motivo per acquistare nel supermercato invece che nel negozio.

Prezzi relativi

Una terza caratteristica di molti modelli economici è che siamo interessati ai rapporti tra le quantità più che ai valori assoluti. Questo perché l’economia si concentra sulle alternative e sulle scelte. Se stai decidendo dove acquistare, non consideri solamente il prezzo dei prodotti del negozio all’angolo, ma anche i prezzi dei prodotti che puoi trovare supermercato e i costi per raggiungere il supermercato. Se tutti questi prezzi e costi aumentassero del 5%, la tua decisione probabilmente non cambierebbe.

I prezzi relativi sono semplicemente il prezzo di un’opzione rispetto ad un’altra. Di solito esprimiamo i prezzi relativi come un rapporto tra due prezzi. Vedremo che i prezzi sono importanti non solo per spiegare il nostro comportamento di consumatori, ma anche le scelte delle imprese. Studiando la Rivoluzione industriale vedremo che il rapporto tra i prezzi dell’energia (per esempio il prezzo del carbone, necessario per alimentare il motore a vapore), e il salario orario di un operaio (il prezzo di un’ora del tempo di un lavoratore) avranno una parte importante nella nostra storia.

Opzioni di riserva e rendite

Immaginiamo di aver trovato un nuovo sistema per riprodurre musica in alta qualità e che esso sia molto più economico di ogni altro sistema esistente. I nostri concorrenti non possono copiare il nostro sistema, perché non sono in grado di farlo o perché lo abbiamo brevettato (il che rende illegale per gli altri copiarci anche quando possono farlo). Essi continueranno dunque ad offrire i loro servizi di riproduzione musicale ad un prezzo molto più elevato del nostro.

rendita da innovazione
La differenza tra i profitti ottenuti da un’impresa che innova introducendo una nuova tecnica, forma organizzativa o strategia di marketing e il costo opportunità del capitale.
rendita economica
La ottiene un individuo che riceve un pagamento o un altro tipo di remunerazione superiore a quanto avrebbe ricevuto nella migliore alternativa alla situazione corrente (cioè scegliendo l’opzione di riserva). Vedi anche: opzione di riserva

Se offriamo il nostro servizio allo stesso prezzo dei nostri concorrenti, o ad un prezzo di poco inferiore, siamo in grado di vendere tutta la quantità che desideriamo, e di ottenere profitti molto più alti di quelli dei concorrenti. In questo caso diremo che stiamo ottenendo una rendita da innovazione. Le rendite da innovazione sono una forma di rendita economica. Vedremo che le rendite economiche sono estremamente diffuse nell’economia, e questa è una delle ragioni per le quali il capitalismo è un sistema così dinamico.

Useremo il concetto di rendita da innovazione per spiegare alcuni dei fattori che hanno contribuito alla Rivoluzione industriale. Ma quello di rendita economica è un concetto generale che ci aiuterà a comprendere molte altre caratteristiche dell’economia. Diremo di aver ottenuto una rendita economica quando, compiendo un’azione (chiamiamola A), otteniamo un beneficio maggiore di quello ottenibile scegliendo la migliore tra le azioni alternative disponibili:

Il significato del termine rendita non deve essere confuso con quello che gli si dà nel linguaggio comune, con riferimento al reddito ottenibile da un investimento finanziario o da un altro provento continuativo (rendita finanziaria, vivere di rendita ecc.). Per evitare ogni possibile confusione, enfatizziamo l’aggettivo “economica”.

opzione di riserva
La migliore alternativa all’opzione disponibile nell’ambito di una transazione. Vedi anche: prezzo di riserva

Tra quelle che abbiamo scartato scegliendo A, l’opzione B che ci avrebbe dato il massimo beneficio, ovvero la migliore alternativa ad A, è comunemente detta opzione di riserva; se stiamo godendo i vantaggi di A ma qualcuno ci impedisce di continuare a farlo, la nostra opzione di riserva è (letteralmente in questo caso) il nostro piano B.

Il riferimento alla rendita economica ci fornisce una semplice regola decisionale:

Questa regola decisionale sta dietro alla nostra spiegazione del perché un’impresa può innovare passando da una tecnologia all’altra. Nel prossimo paragrafo applicheremo questa logica alla scelta delle tecniche.

Domanda 2.2 Scegliete le risposte corrette

Quale delle seguenti situazioni può essere definita rendita economica?

  • Quello che pagate al proprietario per l’uso dell’appartamento.
  • L’importo pagato per noleggiare un’auto per un fine settimana
  • L’extra profitto che un innovatore di successo riesce ad ottenere per avere introdotto un nuovo prodotto sul mercato prima dei suoi concorrenti.
  • L’extra profitto che un’impresa ottiene quando raddoppia le dimensioni e non ci sono cambiamenti nè nei costi di produzione unitaria nè nel prezzo di vendita unitario.
  • Questo è il significato del termine rendita utilizzato nel linguaggio comune. La rendita economica è qualcosa che ottenete non che siete costretti a pagare.
  • La rendita economica è quello che guadagno al di sopra alla migliore alternativa possibile, non quello che si paga.
  • Questa particolare forma di rendita economica è chiamata rendita da innovazione: i profitti sono superiori a quelli ottenibili con la migliore alternativa possibile grazie all’adozione di nuove tecnologie.
  • Questo sarebbe il profitto normale che potete guadagnare in cambio del vostro duro lavoro. La rendita economica è quello che potete guadagnare al di sopra della migliore alternativa possibile, ad esempio quella di impegnarvi veramente molto in un altro lavoro.

2.4 Il modello di un’economia dinamica: tecnologia e costi

Mettiamo in pratica quanto detto sull’uso di modelli per spiegare da un punto di vista economico il progresso tecnico. Cominceremo la nostra analisi chiedendoci cosa sia una tecnica, e come un’impresa valuti il costo delle diverse tecniche.

Cos’è una tecnica?

Se chiedessimo ad un ingegnere di descriverci le tecniche disponibili per produrre 100 metri di tessuto, utilizzando come input il lavoro (numero di lavoratori, ciascuno dei quali lavora una quantità standard di ore al giorno, diciamo 8 ore) ed energia (tonnellate di carbone), la risposta potrebbe essere rappresentata attraverso il grafico e la tabella della figura 2.3. I cinque punti nella tabella rappresentano cinque diverse tecniche. Per esempio, la tecnica E utilizza, per la produzione di 100 metri di tessuto, 10 lavoratori e una tonnellata di carbone.

Diremo che, in termini relativi, la tecnica E è ad alta intensità di lavoro e la tecnica A è ad alta intensità di energia. Se un’economia che utilizza la tecnica E passasse alla tecnica A o alla B, diremmo che essa adotta una tecnica in grado di risparmiare lavoro (labour-saving), perché l’ammontare di lavoro utilizzato per produrre 100 metri di tessuto con una di queste tecniche è inferiore a quello utilizzato con E. Questo è quanto è accaduto durante la Rivoluzione industriale. La figura 2.3 rappresenta le cinque tecniche disponibili.

Tecnica Numero di lavoratori Quantità (tonnellate) di carbone
A 1 6
B 4 2
C 3 7
D 5 5
E 10 1

Le diverse tecniche per produrre 100 metri di tessuto.

Figura 2.3 Le diverse tecniche per produrre 100 metri di tessuto.

Tecnica Numero di lavoratori Quantità (tonnellate) di carbone
A 1 6
B 4 2
C 3 7
D 5 5
E 10 1

Le cinque tecniche per produrre 100 metri di tessuto a confronto

La tabella riporta le cinque diverse tecniche alle quali ci riferiamo in questo paragrafo, che prevedono diverse combinazioni di lavoro e di carbone come input per produrre 100 metri di tessuto.

Figura 2.3a La tabella riporta le cinque diverse tecniche alle quali ci riferiamo in questo paragrafo, che prevedono diverse combinazioni di lavoro e di carbone come input per produrre 100 metri di tessuto.

Tecnica Numero di lavoratori Quantità (tonnellate) di carbone
A 1 6
B 4 2
C 3 7
D 5 5
E 10 1

La tecnica A ad alta intensità di energia

La tecnica A, quella a più alta intensità di energia, utilizza 1 lavoratore e 6 tonnellate di carbone.

Figura 2.3b La tecnica A, quella a più alta intensità di energia, utilizza 1 lavoratore e 6 tonnellate di carbone.

Tecnica Numero di lavoratori Quantità (tonnellate) di carbone
A 1 6
B 4 2
C 3 7
D 5 5
E 10 1

La tecnica B

La tecnica B utilizza 4 lavoratori e 2 tonnellate di carbone: rispetto alla tecnica A è a più alta intensità di lavoro (labour-intensive).

Figura 2.3c La tecnica B utilizza 4 lavoratori e 2 tonnellate di carbone: rispetto alla tecnica A è a più alta intensità di lavoro (labour-intensive).

Tecnica Numero di lavoratori Quantità (tonnellate) di carbone
A 1 6
B 4 2
C 3 7
D 5 5
E 10 1

La tecnica C

La tecnica C utilizza 3 lavoratori e 7 tonnellate di carbone.

Figura 2.3d La tecnica C utilizza 3 lavoratori e 7 tonnellate di carbone.

Tecnica Numero di lavoratori Quantità (tonnellate) di carbone
A 1 6
B 4 2
C 3 7
D 5 5
E 10 1

La tecnica D

La tecnica D utilizza 5 lavoratori e 5 tonnellate di carbone.

Figura 2.3e La tecnica D utilizza 5 lavoratori e 5 tonnellate di carbone.

Tecnica Numero di lavoratori Quantità (tonnellate) di carbone
A 1 6
B 4 2
C 3 7
D 5 5
E 10 1

La tecnica E: ad alta intensità di lavoro

Infine, la tecnica a più alta intensità di lavoro fra quelle considerate è la E, che utilizza 10 lavoratori e 1 tonnellata di carbone.

Figura 2.3f Infine, la tecnica a più alta intensità di lavoro fra quelle considerate è la E, che utilizza 10 lavoratori e 1 tonnellata di carbone.

Quale sarà la tecnica scelta dall’impresa? Il primo passo è quello di escludere quelle tecniche che risultano chiaramente inferiori. Nella figura 2.4, cominciando dalla tecnica A, cerchiamo di capire se vi sono altre tecniche che utilizzano almeno altrettanto lavoro e carbone. La tecnica C risulta inferiore alla A: per produrre 100 metri di tessuto, essa usa più lavoratori (tre invece di uno) e più carbone (7 tonnellate invece di 6). Diremo allora che la tecnica C è dominata dalla tecnica A, dal momento che in nessun caso, dovendo pagare un prezzo per gli input necessari, un’impresa sceglierà la tecnica C quando la A è disponibile. Le aree colorate nella figura mostrano un modo pratico per identificare le tecniche dominate e quelle che le dominano.

dominata
Si dice che A domina B (e B è dominato da A) se A è più vantaggioso di B rispetto a tutte le dimensioni considerate. Ad esempio, una tecnica ne domina un’altra se richiede una quantità inferiore di tutti gli input per ottenere una stessa quantità di output.

La tecnica A domina la C, la tecnica B domina la D.

Figura 2.4 La tecnica A domina la C, la tecnica B domina la D.

Quale tecnica domina le altre?

Le cinque tecniche per la produzione di 100 metri di tessuto sono rappresentate dai punti da A a E. Possiamo usare questa figura per mostrare quali sono le tecniche dominate.

Figura 2.4a Le cinque tecniche per la produzione di 100 metri di tessuto sono rappresentate dai punti da A a E. Possiamo usare questa figura per mostrare quali sono le tecniche dominate.

La tecnica A domina la tecnica C

Chiaramente, la tecnica A domina la tecnica C: la stessa quantità di tessuto può essere prodotta usando la tecnica A, che richiede meno lavoratori e meno tonnellate di carbone. Ciò significa che, se la A è disponibile, la tecnica C non sarà mai scelta.

Figura 2.4b Chiaramente, la tecnica A domina la tecnica C: la stessa quantità di tessuto può essere prodotta usando la tecnica A, che richiede meno lavoratori e meno tonnellate di carbone. Ciò significa che, se la A è disponibile, la tecnica C non sarà mai scelta.

La tecnica B domina la tecnica D

La tecnica B domina la tecnica D: la stessa quantità di tessuto può essere prodotta usando B, che richiede un numero minore di lavoratori e di tonnellate di carbone. Si noti che B domina qualsiasi altra tecnica che si trova nell’area colorata di azzurro sopra e a destra del punto B.

Figura 2.4c La tecnica B domina la tecnica D: la stessa quantità di tessuto può essere prodotta usando B, che richiede un numero minore di lavoratori e di tonnellate di carbone. Si noti che B domina qualsiasi altra tecnica che si trova nell’area colorata di azzurro sopra e a destra del punto B.

La tecnica E non domina nessun’altra tecnica

La tecnica E non domina nessuna delle altre tecniche disponibili, visto che nessuna di esse si trova nella zona colorata in verde sopra e a destra del punto E.

Figura 2.4d La tecnica E non domina nessuna delle altre tecniche disponibili, visto che nessuna di esse si trova nella zona colorata in verde sopra e a destra del punto E.

Utilizzando esclusivamente le informazioni di natura ingegneristica sugli input necessari, abbiamo ristretto la nostra scelta: le tecniche C e D non sarebbero mai scelte quando A e B sono disponibili. Ma come viene effettuata la scelta tra A, B ed E? Questa decisione richiede che specifichiamo l’obiettivo dell’impresa. Assumiamo che tale obiettivo sia ottenere il massimo profitto possibile, il che richiede che il tessuto sia prodotto al minimo costo possibile.

La scelta su quale tecnica adottare richiede di avere delle informazioni sui prezzi relativi, cioè quanto costa assumere un lavoratore e acquistare una tonnellata di carbone. Intuitivamente, la tecnica E, ad alta intensità di lavoro, sarà scelta quando il lavoro è molto economico rispetto al costo del carbone; la tecnica A, ad alta intensità di energia, sarà viceversa preferita in una situazione in cui il carbone è relativamente più a buon mercato. Ricorrendo all’aiuto di un modello economico possiamo essere più precisi su questo punto.

In che modo un’impresa valuta il costo di diverse tecniche?

L’impresa può calcolare il costo di qualsiasi combinazione di input da utilizzare moltiplicando il numero di lavoratori per il salario e le tonnellate di carbone per il prezzo del carbone. Usiamo il simbolo w per il salario, L per il numero di lavoratori, p per il prezzo del carbone e R per le tonnellate di carbone:

retta di isocosto
Una retta che rappresenta tutte le combinazioni di input che comportano lo stesso costo per un produttore.

Supponiamo che il salario sia 10 £ e il prezzo del carbone sia 20 £. Nella tabella della figura 2.5 abbiamo calcolato il costo di impiegare 2 lavoratori e di utilizzare 3 tonnelate di carbone, che è pari a 80 £. Ciò corrisponde alla combinazione P1 nel diagramma. Se l’impresa dovesse impiegare più lavoratori — per esempio sei — e riducesse l’utilizzo del carbone a 1 tonnellata (punto P2), il costo sarebbe ancora pari a 80 £. Il grafico della figura illustra come si costruiscono le rette di isocosto, che permettono di confrontare in modo immediato i costi di tutte le combinazioni di input.

Le rette di isocosto quando il salario è 10 £ e il prezzo del carbone 80 £.

Figura 2.5 Le rette di isocosto quando il salario è 10 £ e il prezzo del carbone 80 £.

Il costo totale in P1

Il costo totale di impiegare 2 lavoratori e 3 tonnellate di carbone è (2 × 10) + (3 × 20) = 80 £.

Figura 2.5a Il costo totale di impiegare 2 lavoratori e 3 tonnellate di carbone è (2 × 10) + (3 × 20) = 80 £.

Anche P2 costa 80 £

Se il numero di lavoratori passa a 6, con un costo pari a 60 £, e l’utilizzo del carbone è ridotto ad una tonnellata, il costo totale sarà ancora pari a 80 £.

Figura 2.5b Se il numero di lavoratori passa a 6, con un costo pari a 60 £, e l’utilizzo del carbone è ridotto ad una tonnellata, il costo totale sarà ancora pari a 80 £.

la retta di isocosto corrispondente a 80 £

Chiamiamo retta di isocosto la retta passante per P1 e P2, che unisce tutti i punti in corrispondenza dei quali il costo totale è pari a 80 £ (in greco il prefisso iso significa “uguale”). Osserviamo che, disegnando la retta di isocosto, stiamo facendo una semplificazione: stiamo assumendo che sia possibile acquistare frazioni piccole a piacere di lavoratori e di carbone.

Figura 2.5c Chiamiamo retta di isocosto la retta passante per P1 e P2, che unisce tutti i punti in corrispondenza dei quali il costo totale è pari a 80 £ (in greco il prefisso iso significa “uguale”). Osserviamo che, disegnando la retta di isocosto, stiamo facendo una semplificazione: stiamo assumendo che sia possibile acquistare frazioni piccole a piacere di lavoratori e di carbone.

Una retta di isocosto più alta

In corrispondenza del punto Q1 (3 lavoratori, 6 tonnellate di carbone) il costo totale è pari a 150 £. Per trovare la retta di isocosto corrispondente a 150 £, si deve individuare un altro punto in cui la combinazione di lavoratori e carbone costa 150 £: se si impiegano altri 2 lavoratori, la quantità di carbone utilizzato dovrebbe essere ridotta di 1 tonnellata per mantenere il costo a 150 £. Questo è il punto Q2.

Figura 2.5d In corrispondenza del punto Q1 (3 lavoratori, 6 tonnellate di carbone) il costo totale è pari a 150 £. Per trovare la retta di isocosto corrispondente a 150 £, si deve individuare un altro punto in cui la combinazione di lavoratori e carbone costa 150 £: se si impiegano altri 2 lavoratori, la quantità di carbone utilizzato dovrebbe essere ridotta di 1 tonnellata per mantenere il costo a 150 £. Questo è il punto Q2.

Più rette di isocosto

Potremmo disegnare le rette di isocosto attraverso qualsiasi altro insieme di punti nel diagramma. Un modo semplice per disegnare una di queste curve è quello di trovarne i punti di incontro con gli assi: ad esempio, la curva corrispondente a 80 £ unisce i punti J (4 tonnellate di carbone e nessun lavoratore) e H (8 lavoratori, nessuna tonnellata di carbone).

Figura 2.5e Potremmo disegnare le rette di isocosto attraverso qualsiasi altro insieme di punti nel diagramma. Un modo semplice per disegnare una di queste curve è quello di trovarne i punti di incontro con gli assi: ad esempio, la curva corrispondente a 80 £ unisce i punti J (4 tonnellate di carbone e nessun lavoratore) e H (8 lavoratori, nessuna tonnellata di carbone).

L’inclinazione della retta di isocosto è -w/p

La retta di isocosto ha inclinazione negativa, pari al -w/p, il rapporto tra il salario e il prezzo del carbone. Nel nostro esempio è pari a -0,5, perché in ogni punto, assumendo un lavoratore in più al costo di 10 £ e riducendo la quantità di carbone di 0,5 tonnellate al prezzo di 20 £ per tonnellata, il costo totale rimane invariato.

Figura 2.5f La retta di isocosto ha inclinazione negativa, pari al -w/p, il rapporto tra il salario e il prezzo del carbone. Nel nostro esempio è pari a -0,5, perché in ogni punto, assumendo un lavoratore in più al costo di 10 £ e riducendo la quantità di carbone di 0,5 tonnellate al prezzo di 20 £ per tonnellata, il costo totale rimane invariato.

I punti al di sopra della retta di isocosto costano di più

Considerando una retta di isocosto, ad esempio quella corrispondente a 80 £, vediamo che tutti i punti al di sopra di essa costano più di 80 £, mentre quelli al di sotto hanno un costo inferiore.

Figura 2.5g Considerando una retta di isocosto, ad esempio quella corrispondente a 80 £, vediamo che tutti i punti al di sopra di essa costano più di 80 £, mentre quelli al di sotto hanno un costo inferiore.

Possiamo utilizzare le curve di isocosto per confrontare i costi delle tre tecniche A, B e E che rimangono in gioco (cioè che non sono dominate). La tabella nella figura 2.6 mostra il costo di produrre 100 metri di tessuto con ciascuna delle nostre tecniche quando il salario è 10 £ e il prezzo del carbone è 20 £. È evidente che in questo caso la tecnica B consente di produrre il tessuto ad un costo inferiore. Nel grafico abbiamo tracciato la retta di isocosto che passa per il punto che rappresenta la tecnica B. È immediato constatare che, con questi prezzi degli input (ricordate che il salario è il “prezzo” del lavoro), le altre due tecniche risultano più costose.

Tecnica Numero di lavoratori Carbone (tonnellate) Costo totale (£)
B 4 2 80
A 1 6 130
E 10 1 120

Salario 10 £, costo del carbone 20 £ per tonnellata

Il costo di usare diverse tecniche per produrre 100 metri di tessuto quando il lavoro costa relativamente poco.

Figura 2.6 Il costo di usare diverse tecniche per produrre 100 metri di tessuto quando il lavoro costa relativamente poco.

Possiamo vedere dalla figura 2.6 che la tecnica B è la meno costosa quando e . Con questi prezzi degli input, le altre due tecniche disponibili non saranno selezionate. Si noti che ciò che conta è il prezzo relativo e non il prezzo assoluto. Infatti, se entrambi i prezzi raddoppiassero, il diagramma risulterebbe molto simile: la retta di isocosto che passa per il punto B avrebbe la stessa inclinazione, anche se il costo totale sarebbe in questo caso di 160 £.

Possiamo rappresentare le rette di isocosto per qualsiasi salario w e prezzo del carbone p in forma di equazioni. Indicando con c il costo di produzione, abbiamo:

cioè:

da cui possiamo ottenere l’espressione della retta di isocosto per qualsiasi valore di c. Visto che nel nostro grafico le tonnellate di carbone R sono sull’asse y e il numero di lavoratori L, è utile riarrangiare i termini e scrivere tale espressione come:

quando e , la retta di isocosto corrispondente a ha come intercetta sull’asse verticale , mentre la sua inclinazione è pari al rapporto tra il salario e il prezzo del carbone, , ed è dunque negativa.

Esercizio 2.3 Le rette di isocosto

Supponiamo che il salario sia pari a 10 £ e il prezzo del carbone sia pari a soli 5 £.

  1. Qual è il prezzo relativo del lavoro?
  2. Utilizzando il metodo adottato nel testo, si trovi l’equazione della retta di isocosto per c=60 £, e la si riscriverla nella forma standard .
  3. Si scrivano le equazioni delle rette di isocosto per un costo di 30 £ e di 90 £ nella forma standard e si disegnino tutte le curve su un grafico. Che differenze possiamo riscontrare rispetto al caso in cui i prezzi degli input sono w = 10 e p = 20?

2.5 Il modello di un’economia dinamica: innovazione e profitto

Abbiamo visto che quando il salario è 10 £ e il prezzo del carbone è 20 £, B è la tecnica che presenta il costo più basso. Dal momento che un cambiamento nei prezzi relativi dei due input modificherà l’inclinazione della retta di isocosto, guardando alla posizione delle tre tecniche nella figura 2.7, possiamo supporre che se la retta di isocosto diventasse sufficientemente ripida (a seguito di un aumento del salario rispetto al prezzo del carbone) la tecnica B non sarebbe più la meno costosa: l’impresa sceglierebbe la tecnica A. Questo è in sintesi quanto accadde in Inghilterra nel XVIII secolo.

Per vedere come una modifica dei prezzi relativi possa portare a questo risultato, supponiamo che il prezzo del carbone scenda a 5 £ e che il salario rimanga a 10 £. Con riferimento alla tabella nella figura 2.7, coi nuovi prezzi, la tecnica A consente all’impresa di produrre 100 metri di tessuto al minimo costo. Il minor costo del carbone rende meno costosi tutti i metodi di produzione, ma a costare meno di tutte è ora la tecnica ad alta intensità di energia.

Tecnica Numero di lavoratori Carbone (tonnellate) Costo totale (£)
B 4 2 50
A 1 6 40
E 10 1 105

Salario 10 £, Prezzo del carbone 5 £ per tonnellata

Il costo di usare diverse tecniche per produrre 100 metri di tessuto quando il lavoro diventa costoso rispetto all’energia.

Figura 2.7 Il costo di usare diverse tecniche per produrre 100 metri di tessuto quando il lavoro diventa costoso rispetto all’energia.

Tecnica Numero di lavoratori Carbone (tonnellate) Costo totale (£)
B 4 2 50
A 1 6 40
E 10 1 105

Wage 10 £, cost of coal 5 £ per tonne

La tecnica A costa meno quando il carbone è a buon mercato

La tabella mostra che, quando il salario è 10 £ e il prezzo del carbone è 5 £, la tecnica A, che usa l’energia in misura più intensiva, permette di produrre 100 metri di tessuto ad un costo inferiore rispetto alle tecniche B e E.

Figura 2.7a La tabella mostra che, quando il salario è 10 £ e il prezzo del carbone è 5 £, la tecnica A, che usa l’energia in misura più intensiva, permette di produrre 100 metri di tessuto ad un costo inferiore rispetto alle tecniche B e E.

Tecnica Numero di lavoratori Carbone (tonnellate) Costo totale (£)
B 4 2 50
A 1 6 40
E 10 1 105

Salario 10 £, costo del carbone 5 £ per tonnelata

La retta di isocosto corrispondente a 40 £ quando w=10 and p=5

La tecnica A si trova sulla retta di isocosto FG. Ad ogni punto di questa retta corrisponde un costo totale degli input pari a 40 £. Le tecniche B e E che si trovano al di sopra di tale retta hanno quindi costi maggiori.

Figura 2.7b La tecnica A si trova sulla retta di isocosto FG. Ad ogni punto di questa retta corrisponde un costo totale degli input pari a 40 £. Le tecniche B e E che si trovano al di sopra di tale retta hanno quindi costi maggiori.

Tecnica Numero di lavoratori Carbone (tonnellate) Costo totale (£)
B 4 2 50
A 1 6 40
E 10 1 105

salario 10 £, costo del carbone 5 £ per tonnellata

La pendenza della retta di isocosto

La pendenza della retta di isocosto si trova calcolando il prezzo relativo del lavoro: −(10/5)= −2. Se si sono spese 10 £ per assumere un lavoratore in più, si potrebbe ridurre il carbone di 2 tonnellate e mantenere il costo totale a 40 £.

Figura 2.7c La pendenza della retta di isocosto si trova calcolando il prezzo relativo del lavoro: −(10/5)= −2. Se si sono spese 10 £ per assumere un lavoratore in più, si potrebbe ridurre il carbone di 2 tonnellate e mantenere il costo totale a 40 £.

Per disegnare la retta di isocosto che passa attraverso qualsiasi punto, ad esempio A, calcoliamo il costo in A (40 £) e poi cerchiamo un altro punto con lo stesso costo. Il modo più semplice è trovare uno dei due punti di incontro con gli assi, F o G. Se ad esempio non è stata acquistata nessuna tonnelata di carbone, potrebbero essere assunti 4 lavoratori per 40 £: questo è il punto F.

Dalla figura 2.7 è possibile vedere che, con il nuovo prezzo relativo, la tecnica A si trova sulla retta di isocosto corrispondente a 40 £ e le altre due tecniche disponibili si trovano al di sopra di essa; pertanto, esse non saranno selezionate quando la tecnica A è disponibile.

In che modo un’innovazione che riduce i costi aumenta i profitti dell’impresa?

Il passo successivo è quello di calcolare i guadagni per la prima impresa che adotta la tecnica meno costosa (A) in presenza di un aumento del prezzo relativo del lavoro rispetto al carbone. Come tutti i suoi concorrenti, l’impresa inizialmente minimizza i costi utilizzando la tecnica B: ciò è illustrato nella figura 2.8 dalla retta di isocosto tratteggiata passante per B (con estremi H e J).

Quando si verifica un cambiamento nei prezzi relativi, la nuova retta di isocosto passante per B è più ripida e il costo di produzione diventa 50 £. Passando alla tecnica A (che usa l’energia in misura più intensiva e il lavoro in misura meno intensiva), il costo di produrre 100 metri di tessuto diventa 40 £. I passaggi nella figura 2.8 mostrano il cambiamento delle rette di isocosto al variare dei prezzi relativi.

Il costo di 100 metri di tessuto con diverse tecniche

Il costo di 100 metri di tessuto con diverse tecniche.

Figura 2.8 Il costo di 100 metri di tessuto con diverse tecniche.

Ai prezzi iniziali, la tecnica B è quella a costo più basso

Quando il salario è a 10 £ e il carbone è relativamente caro (20 £), il costo di produrre 100 metri di tessuto con la tecnica B è 80 £. Scegliendo tale tecnica, l’impresa si colloca sulla retta di isocosto HJ.

Figura 2.8a Quando il salario è a 10 £ e il carbone è relativamente caro (20 £), il costo di produrre 100 metri di tessuto con la tecnica B è 80 £. Scegliendo tale tecnica, l’impresa si colloca sulla retta di isocosto HJ.

Il prezzo del carbone scende a 5 £

Se il prezzo del carbone si riduce in rapporto al salario, come mostrato dalla retta di isocosto FG, la tecnica A, che è a più alta intensità di energia rispetto alla B, viene a costare 40 £. Dalla tabella vediamo che, con questi prezzi relativi, la tecnica a più basso costo è la A.

Figure 2.8b Se il prezzo del carbone si riduce in rapporto al salario, come mostrato dalla retta di isocosto FG, la tecnica A, che è a più alta intensità di energia rispetto alla B, viene a costare 40 £. Dalla tabella vediamo che, con questi prezzi relativi, la tecnica a più basso costo è la A.

B adesso costa più di A

Ai nuovi prezzi relativi la tecnica B si trova sulla retta di isocosto MN, corrispondente a 50 £. Conviene passare alla tecnica A.

Figure 2.8c Ai nuovi prezzi relativi la tecnica B si trova sulla retta di isocosto MN, corrispondente a 50 £. Conviene passare alla tecnica A.

Il profitto dell’impresa è pari ai ricavi dalla vendita del prodotto meno i costi sostenuti. Indipendentemente dalla tecnica adottata, il prezzo da pagare per acquistare lavoro e carbone e il prezzo che si ricava dalla vendita di 100 metri di tessuto sono gli stessi. La variazione nel profitto è dunque pari alla riduzione nei costi associati all’utilizzo della nuova tecnica, e i profitti aumentano di 10 £ per ogni 100 metri di tessuto:

per cui, nel passaggio da B ad A:

imprenditore
Una persona che crea o che sfrutta prima degli altri tecniche e forme organizzative innovative o altre opportunità offerte dal mercato.

In questo caso, la rendita economica che l’impresa trae dal passaggio dalla tecnica B alla tecnica A è dunque pari a 10 £ per 100 metri di tessuto, ovvero alla riduzione di costi resa possibile dalla nuova tecnica. La regola decisionale indicata nel paragrafo precedente (“se un’azione vi dà una rendita economica positiva, sceglietela”) suggerisce all’impresa di innovare. Nel nostro esempio, la tecnica A era disponibile, ma non è stata adottata fino a che che un’impresa non ha risposto agli incentivi introdotti dall’aumento del prezzo relativo del lavoro. Il primo ad adottare la nuova tecnica è definito imprenditore. Quando descriviamo una persona o un’impresa come imprenditoriale, ci riferiamo alla sua inclinazione a sperimentare nuove tecniche e intraprendere nuove attività.

L’economista Joseph Schumpeter mise al centro della sua analisi della dinamica del capitalismo l’adozione di nuove tecniche da parte degli imprenditori. È per questo che le rendite da innovazione sono spesso chiamate rendite schumpeteriane.

Le rendite da innovazione non durano per sempre: le altre imprese, accortesi delle rendite percepite dal primo innovatore, seguiranno la prima impresa adottando anch’esse la nuova tecnica, riducendo i costi ed aumentando anch’esse i profitti. Per effetto dell’aumento dei profitti sulla vendita di 100 metri di tessuto, le imprese che producono a costi più bassi prospereranno, aumentando la loro produzione di tessuto. A seguito dell’adozione della nuova tecnica da parte di un numero crescente di imprese, l’offerta di tessuto sul mercato aumenterà e il prezzo comincerà a scendere. Tale processo continuerà finché tutti utilizzeranno la nuova tecnica e, a quel punto, non vi sarà più nessuno che ottiene rendite da innovazione. Le imprese che ancora utilizzano la vecchia tecnica B non saranno in grado di coprire i costi di produzione al nuovo (più basso) prezzo del tessuto, e saranno costrette a chiudere. Per descrivere questo processo Schumpeter coniò l’espressione distruzione creatrice.

distruzione creatrice
Nome dato da Joseph Schumpeter al processo che fa sì che le innovazioni spazzino via le tecniche antiquate e le imprese che non riescono ad adattarsi e che quindi non possono competere nel mercato. Secondo lui, il fallimento delle imprese non profittevoli è un processo di creazione perché libera forza lavoro e beni capitali che possono essere usati in nuove combinazioni.

Domanda 2.3 Scegliete le risposte corrette

La figura 2.3 mostra le diverse tecniche disponibili per produrre 100 metri di tessuto. Sulla base del grafico possiamo affermare che:

  • La tecnica D è a più alta intensità di energia della tecnica C.
  • La tecnica B domina la tecnica D.
  • La tecnica A è quella che minimizza i costi per tutti i prezzi di salario e carbone.
  • La tecnica C può talvolta essere più economica della tecnica A.
  • La tecnica D usa più lavoratori e meno carbone, e perciò è a più alta intensità di lavoro (labour-intensive) rispetto alla tecnica C.
  • La tecnica B usa meno lavoratori e meno tonnellate di carbone rispetto alla tecnica D per produrre la stessa quantità di tessuto, diremo che B domina D.
  • La tecnica A sarebbe più costosa di B, D ed E se il prezzo del carbone fosse molto più alto del livello del salario.
  • La tecnica C è dominata dalla tecnica A perché usa sia più lavoratori sia più carbone rispetto ad A. Perciò non sarà mai una tecnica più economica di A.

Domanda 2.4 Scegliete le risposte corrette

In riferimento alle tre linee di isocosto della figura 2.8, è possibile affermare che:

  • Quando il salario è £10 e il prezzo del carbone è £5, la combinazione degli input nel punto N è più costosa rispetto al punto B.
  • Le curve di isocosto MN e FG hanno lo stesso rapporto tra i prezzi (salario/prezzo del carbone) ma diversi costi totali di produzione.
  • La curva di isocosto HJ ha un più alto rapporto tra i prezzi (salario/prezzo del carbone) rispetto alla curva di isocosto FG.
  • La curva di isocosto HJ rappresenta tutti i punti in cui è possibile produrre 100 metri di tessuto ad un dato rapporto tra i prezzi.
  • A questi prezzi, N e B si trovano sulla stessa curva di isocosto. Queste due combinazioni di input hanno quindi lo stesso costo.
  • Il rapporto tra i prezzi è uguale all’inclinazione della curva di isocosto; poiché gli isocosti MN e FG hanno la stessa pendenza, possiamo dedurre che hanno lo stesso rapporto trai prezzi. MN è superiore a FG, quindi rappresenta costi totali più elevati.
  • La curva di isocosto FG ha un’inclinazione pari a -2(sostituire due tonnellate di carbone con un lavoratore lascia il costo totale di produzione inalterato); mentre la curva di isocosto HJ ha un’inclinazione pari a -0,5 (sostituire una tonnellata di carbone con due lavoratori lascia il costo totale inalterato). Ciò significa che il lavoro è relativamente più economico lungo HJ, o che la curva di isocosto HJ ha un più basso rapporto salario/prezzo del carbone.
  • La curva di isocosto rappresenta tutte le combinazioni di lavoratori e di carbone che hanno lo stesso costo di produzione. Lungo l’isocosto HJ sappiamo che nel punto B (4 lavoratori e 2 tonnellate di carbone) la tecnica può produrre 100 metri di tessuto. Se una ci fosse una tecnica disponibile per produrre in un altro punto della curva, non produrrebbe necessariamente 100 metri di tessuto.

Grandi economisti Joseph Schumpeter

economia evolutiva
Approccio che studia il processo di cambiamento economico, come ad esempio l’innovazione tecnologica, la diffusione di nuove norme sociali e lo sviluppo di nuove istituzioni.

Schumpeter mise al centro della sua visione dell’economia la figura dell’imprenditore, agente del cambiamento nel momento in cui introduce nuovi prodotti e nuovi metodi di produzione o apre nuovi mercati. Man mano che gli imitatori seguono, le innovazioni introdotte si diffondono all’intera economia, fino a quando un nuovo imprenditore e un’altra innovazione non avvieranno una nuova fase di cambiamento.

Lynne Kiesling, una storica del pensiero economico, discute Joseph Schumpeter in questo breve video.

Per Schumpeter, l’elemento essenziale del capitalismo è la distruzione creatrice, ovvero quel processo per il quale le vecchie tecniche e le vecchie imprese che non riescono ad adattarsi, e quindi non possono competere nel mercato vendendo beni ad un prezzo in grado di coprire i costi di produzione, sono spazzate via. Il fallimento delle imprese non profittevoli libera risorse di lavoro e capitale che possono essere utilizzati in nuove combinazioni.

Questo processo genera miglioramenti continui di produttività che alimentano la crescita, e per questo motivo Schumpeter lo considerava virtuoso.9 Lo smantellamento delle imprese vecchie e la creazione di quelle nuove è qualcosa che richiede tempo, e la lentezza dell’aggiustamento crea nell’economia fasi di boom e di contrazione.

La branca dell’economia nota come economia evolutiva, così come buona parte dei modelli più moderni che trattano di imprenditorialità e innovazione, si ispirano esplicitamente all’opera di Schumpeter.10 11

Schumpeter nacque e iniziò la sua carriera nell’impero Austro-ungarico, e qui ebbe diversi incarichi accademici e istituzionali, ma emigrò negli Stati Uniti nel 1932, poco prima dell’ascesa dei nazismo e dell’instaurazione del Terzo Reich. Quando morì, nel 1950, stava scrivendo un saggio dal titolo “The march into socialism” (La marcia verso il socialismo), nel quale esprimeva la sua preoccupazione per il crescente ruolo dello Stato nell’economia e la risultante “migrazione dell’attività economica dalla sfera privata a quella sfera pubblica”.

Da giovane professore in Austria aveva sfidato a duello, vincendolo, il bibliotecario dell’università che non voleva consentire agli studenti libero accesso ai libri. Dichiarava di aver avuto, da giovane, tre ambizioni: diventare il più grande economista del mondo, il più bravo cavallerizzo d’Austria e il miglior amante di Vienna, e aggiungeva di averne potute soddisfare soltanto due su tre.

2.6 La Rivoluzione industriale inglese e l’incentivo a introdurre nuove tecniche

Prima della Rivoluzione industriale, la tessitura, la filatura e la creazione di abiti erano compiti che richiedevano molto tempo. In Inghilterra, la filatura era un’occupazione prettamente femminile (al punto che, nella lingua inglese, il termine spinster — filatrice — è diventato nel tempo l’equivalente del nostro “zitella”). La storica Eve Fisher ha calcolato che produrre una sola camicia richiedeva 500 ore di filatura e 579 ore di lavoro complessivo — con un costo che, calcolato all’attuale livello del salario minimo negli USA, sarebbe di 4.197,25 $.

Quali furono gli effetti di invenzioni come la spinning jenny? La prima spinning jenny aveva 8 fusi. Una macchina controllata da un solo addetto poteva dunque sostituire il lavoro di 8 filatrici impegnate ciascuna con un filatoio tradizionale. Sul finire del XIX secolo un singolo spinning mule (l’evoluzione della jenny), controllato da un esiguo numero di operai, era in grado di rimpiazzare il lavoro di oltre 1.000 filatrici. Queste macchine non utilizzavano più l’energia umana: molte erano azionate da mulini ad acqua, e col passare del tempo in numero crescente impiegarono motori a vapore che utilizzavano il carbone. La tabella 2.1 riassume questi cambiamenti avvenuti durante la Rivoluzione industriale.

Vecchia tecnica Nuova tecnica
Molti lavoratori Pochi lavoratori
Piccole macchine (filatoi a ruota) Molti beni capitali (spinning mule, fabbriche, mulini ad acqua o motori a vapore)
… che richiedevano solo lavoro … che richiedevano energia (carbone)
Ad alta intensità di lavoro (labour intensive) A bassa intensità di lavoro (labour saving)
A bassa intensità di capitale (capital saving) Ad alta intensità di capitale (capital intensive)
A bassa intensità di energia (energy saving) Ad alta intensità di energia (energy intensive)

Il cambiamento tecnologico nella filatura durante la Rivoluzione industriale.

Tabella 2.1 Il cambiamento tecnologico nella filatura durante la Rivoluzione industriale.

Il modello sviluppato nei paragrafi precedenti ci fornisce un’ipotesi (una potenziale spiegazione) del perché qualcuno potrebbe preoccuparsi di inventare una tale tecnica, e le imprese potrebbero desiderare di utilizzarla. Nel modello abbiamo usato un grafico bidimensionale, che ha mostrato come i produttori di tessuto possono scegliere tra tecniche che utilizzano solo due input, l’energia e il lavoro. Si tratta chiaramente di una semplificazione, che ci permette di analizzare il ruolo svolto dal cambiamento dei prezzi relativi nella scelta di una tecnica. Quando il costo dell’energia diminuisce relativamente al costo del lavoro, il passaggio alla nuova tecnica ad alta intensità di energia comporta la possibilità di ottenere delle rendite economiche.

Ma questa è solo un’ipotesi. È questo ciò che effettivamente accadde? Guardare alle differenze nei prezzi relativi tra diversi paesi, e a come essi sono andati cambiando nel tempo, può aiutarci a capire perché le nuove tecniche introdotte con la Rivoluzione industriale (come la spinning jenny) siano state inventate e adottate in Inghilterra prima che altrove, e perché tali cambiamenti non siano avvenuti secoli prima.

Andamento dei salari relativamente al prezzo dell’energia, inizio del secolo XVIII.

Figura 2.9 Andamento dei salari relativamente al prezzo dell’energia, inizio del secolo XVIII.

La figura 2.9 mostra il prezzo del lavoro in rapporto al prezzo dell’energia in diverse città all’inizio del XVII secolo; più precisamente, essa riporta il rapporto tra il salario di un lavoratore edile e il prezzo di un milione di BTU (British Thermal Units, unità di misura dell’energia equivalente a poco più di 1.000 joule). Ciò che si può osservare è che il lavoro era molto costoso relativamente all’energia in Inghilterra e nei Paesi Bassi, meno costoso in Francia (Parigi e Strasburgo), e molto meno costoso in Cina. In Inghilterra il rapporto tra salari e costo dell’energia era elevato, sia perché i salari inglesi erano più alti che altrove, sia perché l’Inghilterra era particolarmente ricca di carbone rispetto agli altri paesi considerati nella figura.

Rapporto tra salari e costo dei beni capitali dalla fine del XVI all’inizio del XIX secolo.

Figura 2.10 Rapporto tra salari e costo dei beni capitali dalla fine del XVI all’inizio del XIX secolo.

La figura 2.10 presenta gli andamenti nel costo del lavoro, relativamente al costo dei beni capitali, in Inghilterra e Francia dalla fine del XVI secolo al principio del XIX. Essa mostra il rapporto tra i salari dei lavoratori edili e il costo di utilizzazione dei beni capitali. Questo costo è calcolato dai prezzi del metallo, legname e mattoni, e dal costo del credito, e tiene conto dell’usura dei beni capitali, ovvero del loro tasso di deprezzamento.

Come si può osservare, in rapporto al costo dei beni capitali, i salari restarono simili in Inghilterra e Francia fino a metà del XVII secolo, ma da quel momento in poi in Inghilterra, diversamente che in Francia, assumere un lavoratore divenne sempre più costoso in termini relativi. In altre parole, l’incentivo a sostituire lavoratori con macchine aumentò nel periodo considerato in Inghilterra ma non in Francia. In Francia l’incentivo a risparmiare lavoro innovando era stato più forte verso la fine del XVI secolo, 200 anni prima che la Rivoluzione industriale cominciasse a trasformare l’Inghilterra.

Dal modello presentato nei paragrafi precedenti abbiamo imparato che la tecnica scelta dipende dal prezzo relativo degli input. Combinando le previsioni del modello con i dati storici, abbiamo una spiegazione del perché la Rivoluzione industriale si affermò in quel luogo e in quel momento:

Senza dubbio contribuì inoltre la circostanza che l’Inghilterra rappresentasse un ambiente favorevole all’innovazione: c’erano molti operai specializzati, ingegneri e meccanici in grado di costruire le macchine che gli inventori progettavano.

Il costo dell’uso di diverse tecniche per la produzione di 100 metri di tessuto in Inghilterra nel XVII e nel XVIII secolo.

Figura 2.11 Il costo dell’uso di diverse tecniche per la produzione di 100 metri di tessuto in Inghilterra nel XVII e nel XVIII secolo.

Le tecniche nel XVII secolo

I prezzi relativi nel XVII secolo sono rappresentati dalla retta di isocosto HJ. A quei prezzi, veniva utilizzata la tecnica B e non c’era alcun incentivo a sviluppare una tecnica come la A, che è al di sopra della retta di isocosto HJ.

Figura 2.11b I prezzi relativi nel XVII secolo sono rappresentati dalla retta di isocosto HJ. A quei prezzi, veniva utilizzata la tecnica B e non c’era alcun incentivo a sviluppare una tecnica come la A, che è al di sopra della retta di isocosto HJ.

Le tecniche nel XVIII secolo

Nel XVIII secolo, la retta di isocosto era la FG, molto più ripida perché il prezzo relativo del lavoro rispetto al carbone era più alto. Il costo relativo era abbastanza elevato da fare di A una tecnica più economica rispetto a B.

Figura 2.11c Nel XVIII secolo, la retta di isocosto era la FG, molto più ripida perché il prezzo relativo del lavoro rispetto al carbone era più alto. Il costo relativo era abbastanza elevato da fare di A una tecnica più economica rispetto a B.

Perché la tecnica A è più economica?

Sappiamo che, quando il prezzo relativo del lavoro è più alto, la tecnica A comporta un costo più basso perché la B sta al di sopra della retta di isocosto FG.

Figura 2.11d Sappiamo che, quando il prezzo relativo del lavoro è più alto, la tecnica A comporta un costo più basso perché la B sta al di sopra della retta di isocosto FG.

Esercizio 2.4 L’inghilterra ma non la Francia

Guardate il video nel quale lo storico dell’economia Robert Allen spiega la sua teoria sul perché la Rivoluzione industriale si sia verificata in Inghilterra e in quel preciso momento storico.

  1. Riassumete le affermazioni di Allen usando il concetto di rendita economica. Quale ipotesi ceteris paribus state facendo?
  2. Quali altri importanti fattori possono spiegare la crescita delle tecniche ad alta intensità di energia in Inghilterra nel XVIII secolo?

I prezzi relativi del lavoro, dell’energia e del capitale possono contribuire a spiegare perché le tecniche risparmiatrici di lavoro della Rivoluzione industriale furono prima adottate in Inghilterra e perché in tale Paese e in quel momento vi furono avanzamenti tecnici più rapidi che in Europa continentale o in Asia.

Ma cosa spiega il fatto che queste nuove tecniche siano state successivamente adottate in Francia e Germania e, da ultimo, anche in Cina e India? Una prima risposta è: l’ulteriore progresso tecnico, che porta allo sviluppo di una tecnica che domina entrambe le tecniche in uso. Progresso tecnico significa che occorrono minori quantità di input per produrre 100 metri di tessuto. Possiamo usare il nostro modello per spiegare il punto: nella figura 2.12, il progresso tecnico rende disponibile una nuova tecnica ad alta intensità di energia, che denominiamo A’. Tale superiore tecnica sarà scelta sia nei paesi che utilizzano A, sia in quelli che utilizzano B.

Il costo associato alle tecniche disponibili per produrre 100 metri di tessuto.

Figura 2.12 Il costo associato alle tecniche disponibili per produrre 100 metri di tessuto.

Tecnica ad alta insensità di energia o ad alta intensità di lavoro?

Quando il prezzo relativo del lavoro è elevato, viene scelta la tecnica A ad alta intensità di energia. Quando tale prezzo è basso, viene scelta la tecnica B ad alta intensità di lavoro.

Figura 2.12a Quando il prezzo relativo del lavoro è elevato, viene scelta la tecnica A ad alta intensità di energia. Quando tale prezzo è basso, viene scelta la tecnica B ad alta intensità di lavoro.

Un miglioramento della tecnica

L’innovazione rende disponibile una nuova tecnica, denominata A′. Rispetto ad A, questa tecnica utilizza, per produrre 100 metri di tessuto, solo la metà dell’energia a parità di lavoratori. La nuova tecnica A′ domina la tecnica A.

Figura 2.12b L’innovazione rende disponibile una nuova tecnica, denominata A′. Rispetto ad A, questa tecnica utilizza, per produrre 100 metri di tessuto, solo la metà dell’energia a parità di lavoratori. La nuova tecnica A′ domina la tecnica A.

A′ è la tecnica meno costosa

La nuova tecnica A′, risparmiatrice di lavoro e di energia, si trova all’interno di FG e di HJ. Essa comporta costi più bassi di A e di B, sia nei paesi in cui i salari sono relativamente alti (retta di isocosto FG) sia in quelli con bassi salari e alto costo dell’energia (retta di isocosto HJ), e sarà dunque adottata in entrambi i gruppi di paesi.

Figura 2.12c La nuova tecnica A′, risparmiatrice di lavoro e di energia, si trova all’interno di FG e di HJ. Essa comporta costi più bassi di A e di B, sia nei paesi in cui i salari sono relativamente alti (retta di isocosto FG) sia in quelli con bassi salari e alto costo dell’energia (retta di isocosto HJ), e sarà dunque adottata in entrambi i gruppi di paesi.

Un secondo insieme di fattori che ha promosso la diffusione delle nuove tecniche nel mondo sono stati la crescita dei salari e la riduzione dei costi dell’energia (dovuta ad esempio alla riduzione dei costi di trasporto, che ha consentito l’importazione dell’energia dall’estero a basso costo). Ciò ha reso le rette di isocosto più ripide anche nelle economie più povere, fornendo un incentivo a passare ad una tecnica risparmiatrice di lavoro.12

A seguito del diffondersi delle nuove tecniche, dopo l’iniziale divergenza tecnologica e nei livelli di vita è iniziato un processo di convergenza, almeno tra quei paesi nei quali la rivoluzione capitalista era partita.13 Ciò nonostante, vi sono Paesi nei quali le tecniche abbandonate dall’Inghilterra in occasione della Rivoluzione industriale sono ancora utilizzate. Il nostro modello prevede che in tali situazioni il prezzo del lavoro debba essere molto basso, così da determinare una retta di isocosto estremamente piatta. Se la retta di isocosto fosse ancora più piatta della JH, così da passare per B e restare al di sotto di A′, la tecnica B nella figura 2.12 potrebbe restare quella preferita anche in presenza della tecnica A′.

Domanda 2.5 Scegliete le risposte corrette

La figura 2.11 rappresenta le curve di isocosto per il XVII e XVIII secolo in Inghilterra. Quali delle seguenti risposte è vera?

  • La linea di isocosto più piatta HJ per il XVII secolo per l’Inghilterra indica salari più alti rispetto al prezzo del carbone.
  • L’aumento dei salari rispetto al costo dell’energia nel XVIII secolo è rappresentato dalla spostamento verso l’esterno della retta di isocosto HJ verso la retta di isocosto parallela e passante per A.
  • Se il livello dei salari fosse si fosse ridotto insieme al costo dell’energia (ad esempio a causa dei costi di trasporto divenuti più economici), allora nel XVIII secolo in Inghilterra si sarebbe continuato ad utilizzare la tecnica B.
  • Il confronto tra la linea isocosta FG e la linea di isocosto parallela che passa attraverso il punto B suggerisce che nel XVIII secolo in Inghilterra le imprese che passavano dalla tecnica B alla tecnica A ottenevano una rendita da innovazione.
  • L’inclinazione della linea isocosta è negativa e coincide con il rapporto tra i prezzi, (−salario/prezzo del carbone). Una linea di isocosto più piatta è indice di salari più bassi rispetto al prezzo del carbone.
  • Un aumento del livello dei salari rispetto al costo dell’energia avrebbe portato ad una linea di isocosto più inclinata.
  • Ciò che è importante è il prezzo relativo, non il livello assoluto. Quindi, se i salari diminuiscono, ma relativamente meno dei costi dell’energia, in modo che il rapporto tra i prezzi aumenti ancora, allora la tecnologia A può ancora essere la scelta migliore.
  • Il confronto tra queste due linee dimostra che il costo della produzione è inferiore se si adotta la tecnica A rispetto a B. Quindi, le imprese che adottano la tecnologia A ottengono un profitto superiore a quello che avrebbero ottenuto adottando la tecnica alternativa: una rendita da innovazione.

Esercizio 2.4 Perché la Rivoluzione industriale non è avvenuta in Asia?

Dopo aver letto l’articolo di David Landes citato in precedenza (“Why are We So Rich and They So Poor?”) e una sintesi dei principali studi sulla “grande divergenza” nello sviluppo, provate a spiegare perché la Rivoluzione industriale avvenne in Europa e non in Asia, e perché proprio in Inghilterra e non nell’Europa continentale.

  1. Quali argomenti trovate più convincenti e perché?
  2. Quali argomenti trovate meno convincenti e perché?

2.7 L’economia malthusiana: la produttività media del lavoro decresce

I dati raccolti ed elaborati dagli storici confermano la spiegazione fornita nel paragrafo precedente, in termini di prezzi relativi e rendite da innovazione, del perché la rivoluzione tecnologica permanente abbia avuto luogo in quel tempo e in quel luogo.14 Questa spiegazione riguarda la curva verso l’alto del nostro bastone da hockey; ma spiegare il lungo tratto piatto è un’altra questione, che richiede un diverso modello.

Il modello di Malthus è in grado di predire un andamento dell’economia coerente con la parte piatta del bastone da hockey del PIL pro capite illustrato nella figura 1.1 del Capitolo 1. Tale modello introduce concetti utili ad analizzare molti altri problemi economici; tra di essi, uno dei più importanti è quello della produttività media decrescente di un fattore di produzione.

Perché la produttività media del lavoro è decrescente

Per comprendere il significato di questo concetto, immaginiamo un’economia agricola nella quale si produca un solo bene, il grano. Immaginiamo che la produzione di grano sia molto semplice: richiede solamente che si lavori la terra; in altre parole, ignoriamo il fatto che produrre grano richiede anche vanghe, mietitrebbie, silos, e altri tipi di edifici e attrezzi.

fattore di produzione
Una risorsa utilizzata nel processo produttivo. Sono fattori di produzione: il lavoro, i macchinari e impianti (cioè il capitale), la terra e gli altri input necessari alla produzione.

Lavoro e terra (e gli altri input che per il momento ignoriamo) sono detti fattori di produzione o input del processo di produzione. Nel modello di cambiamento tecnico esaminato in precedenza, i fattori di produzione erano energia e lavoro.

produttività media
La produzione totale divisa per la quantità di uno specifico input, per esempio la quantità di lavoro, misurata dal numero di lavoratori o dalle ore di lavoro.

Per semplificare, faremo un’altra assunzione ceteris paribus: ipotizzeremo che la terra coltivabile sia disponibile in quantità fissa e sia tutta della stessa qualità. Immaginiamo che essa sia suddivisa in 800 appezzamenti, ciascuno coltivato da un singolo agricoltore, e che ciascun agricoltore lavori una stessa quantità di ore giornaliere. Tutti insieme, i nostri 800 agricoltori producono un totale di 500.000 kg di grano. La produttività media del lavoro di un agricoltore è dunque:

funzione di produzione
Funzione che esprime la relazione tra quantità di fattori produttivi (input) utilizzati e quantità di prodotto ottenuto (output). La funzione descrive le diverse tecniche disponibili per produrre un certo bene.

Per sapere che cosa succede quando la popolazione aumenta e quindi vi sono più agricoltori sulla stessa terra coltivabile, abbiamo bisogno di conoscere quella che gli economisti chiamano la funzione di produzione del grano. Tale funzione indica la quantità di prodotto che si ottiene in corrispondenza di un certo numero di agricoltori e una certa quantità di terra. Nel nostro caso, teniamo costante la quantità di tutti gli altri input, inclusa la terra, e consideriamo come la produzione vari al variare della quantità di lavoro.

Abbiamo già visto nel paragrafo precedente alcuni semplici esempi di funzione di produzione, quando abbiamo specificato l’ammontare di lavoro ed energia necessari per produrre 100 metri di tessuto. Per esempio, nella figura 2.3, la funzione di produzione di tessuto ci dice che con la tecnica B, utilizzando 4 lavoratori e 2 tonnellate di carbone otteniamo 100 metri di tessuto. Per la tecnica A, la funzione di produzione ci dà un’altra condizione “se … allora …”: se utilizziamo 1 lavoratore e 6 tonnellate di carbone otterremo una produzione di 100 metri di tessuto. La funzione di produzione di grano è analoga alla condizione “se … allora …”, ci dice che se ci sono X agricoltori raccoglieremo una quantità Y di grano.

La tabella 2.2 elenca tutte le combinazioni di input di lavoro e di corrispondente produzione di grano; la terza colonna riporta il valore calcolato della produttività media del lavoro. Nella figura 2.13 la relazione tra input e output è rappresentata graficamente come una funzione continua; ciò equivale ad assumere che la relazione sia definita per tutti i valori positivi, anche quelli intermedi tra quelli elencati nella tabella.

Parliamo di funzione di produzione perché una funzione è una relazione tra due quantità (in questo caso input e output), espressa matematicamente come:

Diremo che “Y è una funzione di X”. X in questo caso è l’ammontare di lavoro impiegato in agricoltura. Y è la quantità di grano prodotto che ne risulta. La funzione descrive la relazione tra input (X) e output (Y), rappresentata dalla curva nella figura.

Input di lavoro
(numero di agricoltori)
Output di grano
(kg)
Produttività media del lavoro
(kg/agricoltore)
200 200.000 1000
400 330.000 825
600 420.000 700
800 500.000 625
1000 570.000 570
1200 630.000 525
1400 684.000 490
1600 732.000 458
1800 774.000 430
2000 810.000 405
2200 840.000 382
2400 864.000 360
2600 882.000 340
2800 894.000 319
3000 900.000 300

Valori della funzione di produzione del grano: produttività media del lavoro decrescente.

Tabella 2.2 Valori della funzione di produzione del grano: produttività media del lavoro decrescente.

La funzione di produzione del grano: produttività media del lavoro decrescente.

Figura 2.13 La funzione di produzione del grano: produttività media del lavoro decrescente.

La funzione di produzione del grano

La funzione di produzione indica la relazione tra il numero di agricoltori che lavorano la terra e il grano prodotto alla fine della stagione.

Figura 2.13a La funzione di produzione indica la relazione tra il numero di agricoltori che lavorano la terra e il grano prodotto alla fine della stagione.

Produzione quando ci sono 800 agricoltori

Il punto A sulla funzione di produzione mostra l’output di grano prodotto da 800 agricoltori.

Figura 2.13b Il punto A sulla funzione di produzione mostra l’output di grano prodotto da 800 agricoltori.

Produzione quando ci sono 1.600 agricoltori.

Il punto B sulla funzione di produzione mostra l’output di grano prodotto da 1.600 agricoltori.

Figura 2.13c Il punto B sulla funzione di produzione mostra l’output di grano prodotto da 1.600 agricoltori.

Il prodotto medio diminuisce

In A la produttività media del lavoro è 500.000 ÷ 800 = 625 kg di grano per agricoltore. In B la produttività media del lavoro è 732.000 ÷ 1.600 = 458 kg di grano per agricoltore.

Figura 2.13d In A la produttività media del lavoro è 500.000 ÷ 800 = 625 kg di grano per agricoltore. In B la produttività media del lavoro è 732.000 ÷ 1.600 = 458 kg di grano per agricoltore.

L’inclinazione del raggio indica la produttività media

L’inclinazione del raggio uscente dall’origine passante per il punto B sulla funzione di produzione mostra la produzione media nel punto B. L’inclinazione è 458, corrispondente ai 458 kg per agricoltore quando il numero di agricoltori che lavorano la terra è 1.600.

Figura 2.13e L’inclinazione del raggio uscente dall’origine passante per il punto B sulla funzione di produzione mostra la produzione media nel punto B. L’inclinazione è 458, corrispondente ai 458 kg per agricoltore quando il numero di agricoltori che lavorano la terra è 1.600.

L’inclinazione del raggio passante per A è maggiore di quella del raggio passante per B

Quando gli agricoltori sono solo 800 la produttività del lavoro è maggiore. L’inclinazione è 625, corrispondente ai 625 kg per agricoltore calcolati in precedenza.

Figura 2.13f Quando gli agricoltori sono solo 800 la produttività del lavoro è maggiore. L’inclinazione è 625, corrispondente ai 625 kg per agricoltore calcolati in precedenza.

Esercizio 2.5 La funzione di produzione del grano

Nel Capitolo 1 abbiamo detto che l’economia è parte della biosfera. Pensate dall’attività agricola dal punto di vista biologico.

  1. Trovate quante calorie brucia un agricoltore e quante calorie fornisce 1 kg di grano.
  2. Sulla base della funzione di produzione della figura 2.13, possiamo concludere che l’attività agricola produce un surplus di calorie (cioè un output di calorie maggiore dell’input)?

La nostra funzione di produzione di grano è ipotetica, ma ha due caratteristiche che corrispondono a due ipotesi plausibili su come l’output dipenda dal numero di agricoltori.

  1. Il lavoro in combinazione con la terra è produttivo. Nessuna sorpresa: più lavoratori ci sono, più grano verrà prodotto, almeno fino a un certo punto (fino a 3.000 agricoltori, nel nostro caso).
  2. Aumentando il numero di agricoltori, la produttività media del lavoro si riduce. La produttività media del lavoro decrescente è uno dei due pilastri fondamentali del modello di Malthus
produttività media del lavoro decrescente
Situazione nella quale, all’aumentare dell’impiego di lavoro in un processo produttivo, la produttività media del lavoro si riduce.

Ricorderete che la produttività media del lavoro è pari al grano prodotto diviso per la quantità di input di lavoro. Dalla funzione di produzione della figura 2.13, o della tabella 2.2 (entrambe forniscono le stesse informazioni), vediamo che un input annuo di 800 agricoltori che lavorano la terra produce una quantità di grano pari a 625 kg a testa, mentre aumentando l’input di lavoro a 1.600 agricoltori la quantità prodotta è di 458 kg a testa. La produttività media del lavoro si riduce con l’aumento del lavoro impiegato nella produzione.

Quest’ultima conclusione preoccupava Malthus. Per capire perché, immaginiamo che, una generazione dopo, ciascun agricoltore abbia avuto molti figli, e il numero di agricoltori sia raddoppiato. La quantità totale di input di lavoro agricolo era 800 ed è ora 1.600. Invece di un raccolto di 625 kg per agricoltore, il raccolto medio è ora di 458 kg.

Potremmo rispondere che, nel mondo reale, man mano che la popolazione aumenta anche la terra coltivata aumenterà. Ma Malthus fece notare che, anche quando fosse possibile aumentare la terra coltivabile, la prima generazione di agricoltori prenderebbe la terra migliore, per cui la terra aggiuntiva sarebbe meno fertile. L’effetto sarebbe anche in questo caso una riduzione della produttività del lavoro.

In conclusione, la produttività media del lavoro è decrescente perché:

Dal momento che la produttività media del lavoro diminuisce all’aumentare della quantità di lavoro impiegata in agricoltura, il reddito degli agricoltori inevitabilmente diminuisce.

Domanda 2.6 Scegliete le risposte corrette

La figura 2.13 mostra la funzione di produzione del grano degli agricoltori in condizioni di crescita media con la tecnologia attualmente disponibile. Possiamo affermare che:

  • In un anno con condizioni climatiche eccezionalmente buone, la curva della funzione produttiva sarà più alta e parallela alla curva sopra.
  • Una scoperta di nuovi semi ad alta resa renderebbero la curva della funzione di produzione più inclinata, ruotata in senso antiorario all’origine.
  • In un anno di siccità la curva della funzione di produzione può abbassarsi per un gran numero di agricoltori.
  • Se c’è un limite superiore alla quantità di grano che può essere prodotto, la curva diventerà orizzontale per un gran numero di agricoltori.
  • Nessun agricoltore implica niente output. Di conseguenza, tutte le curve devono iniziare all’origine e non possono spostarsi verso l’alto o verso il basso in modo parallelo.
  • Una tale scoperta aumenterebbe i chilogrammi di grano prodotto per qualsiasi numero di agricoltori (ad eccezione di zero); questo può essere rappresentato graficamente ruotando in senso antiorario la curva della funzione di produzione.
  • Una curva inclinata verso il basso implica una diminuzione della produzione all’aumentare del numero di agricoltori. Ciò avverrebbe solo se i lavoratori addizionali hanno effetti negativi sulla produttività dei lavoratori esistenti, cosa che normalmente escludiamo.
  • L’esistenza di un limite superiore implica che gli agricoltori aggiuntivi non produrrebbero ulteriori chilogrammi di grano, ciò potrebbe essere rappresentato graficamente da una funzione di produzione piatta al di sopra del limite superiore.

2.8 L’economia malthusiana: aumento del tenore di vita e crescita demografica

Il fatto che la produttività media del lavoro sia decrescente di per sé non spiega la lunga parte piatta del bastone da hockey. Ciò che tale concetto afferma è che il tenore di vita dipende dall’ampiezza della popolazione; resta da capire perché, nel lungo periodo, tenore di vita e popolazione non siano cambiati in modo significativo. Su questo punto abbiamo bisogno dell’altra parte del modello di Malthus: la sua ipotesi che la crescita del tenore di vita determini un aumento della popolazione.

Malthus non fu il primo ad avanzare questa idea. Prima che Malthus sviluppasse la sua teoria, Richard Cantillon, un economista irlandese, aveva affermato che “gli uomini si moltiplicano come topi in un pollaio se hanno mezzi di sussistenza illimitati”. La teoria malthusiana in fondo non vede gli esseri umani come molto diversi dagli altri animali:

Per quanto le sue capacità intellettive possano elevare l’uomo al di sopra degli altri animali, non dobbiamo supporre che le leggi fisiche alle quali egli è soggetto siano essenzialmente diverse da quelle che osserviamo prevalere in altre parti del mondo naturale animato.

— Thomas Robert Malthus, A Summary View on the Principle of Population (1830)

Riassumendo, le due idee centrali nel modello di Malthus sono dunque:

Si immagini una mandria di antilopi. Non ci sono predatori a complicare la vita delle antilopi (o la nostra analisi): quando esse hanno molto nutrimento, vivono più a lungo e prolificano di più; quando la mandria è piccola, le antilopi possono mangiare a volontà, e la mandria si ingrandisce. Alla fine la mandria diventerà così grande, relativamente alla dimensione della pianura, che le antilopi non potranno più mangiare quanto desiderano. Poiché l’ammontare di terra per animale diminuisce, il loro standard di vita comincerà ad abbassarsi. Questa riduzione nella disponibilità di cibo di ciascuna antilope continuerà finché la mandria continua ad aumentare di dimensione.

Poiché ciascun animale ha meno cibo da mangiare, le antilopi avranno una prole meno numerosa e moriranno più giovani; la crescita della popolazione rallenterà. Alla fine, la disponibilità di cibo si ridurrà sino al punto in cui la mandria smetterà di crescere. Le antilopi hanno riempito la pianura: a questo punto, ciascun animale starà consumando un ammontare di cibo che definiremo livello di sussistenza. Una volta che, come risultato della crescita della popolazione, gli standard di vita degli animali siano ridotti al livello di sussistenza, la mandria smetterà di aumentare di dimensione. Se gli animali si nutrissero meno del livello di sussistenza, la mandria comincerebbe a ridursi; quando invece il consumo eccede il livello di sussistenza, come abbiamo visto, la mandria cresce.

La stessa logica si applica, nel ragionamento di Malthus, se invece delle antilopi nella savana consideriamo una popolazione umana che vive in un paese con un’offerta fissa di terra coltivabile. Finché le persone hanno “sussistenza illimitata” si moltiplicheranno come i topi nel pollaio di Cantillon; ma alla fine riempiranno il paese, e un’ulteriore crescita della popolazione spingerà verso il basso i redditi della maggior parte di loro per effetto della produzione media del lavoro decrescente. Una caduta del tenore di vita frenerà la crescita demografica, attraverso un aumento del tasso di mortalità e una riduzione di quello di natalità. Alla fine il reddito sarà nuovamente al livello di sussistenza.

Il modello di Malthus individua un equilibrio in cui il livello di reddito è appena sufficiente a garantire un livello di consumo di sussistenza. Le variabili che non cambiano in questo equilibrio sono:

Se le condizioni cambiano, la popolazione e i redditi possono cambiare, ma alla fine l’economia tornerà ad un equilibrio con i redditi a livello di sussistenza.

Esercizio 2.6 Gli esseri umani sono veramente come gli altri animali?

Malthus scrisse che “non dobbiamo supporre che le leggi fisiche alle quali è soggetto [il genere umano] siano essenzialmente diverse da quelle che osserviamo prevalere in altre parti del mondo naturale animato.”

Siete d’accordo? Spiegate la vostra posizione.

L’economia malthusiana: l’effetto del progresso tecnico

Sappiamo che, nei secoli precedenti la Rivoluzione industriale, miglioramenti della tecnica ebbero luogo in molte regioni del mondo, inclusa l’Inghilterra, eppure il tenore di vita rimase costante. Possiamo usare il modello di Malthus per spiegare il perché?

La figura 2.14 illustra come il fatto che la produttività media del lavoro sia decrescente e l’effetto dei redditi più elevati sulla crescita della popolazione implichino che, nel lungo periodo, i miglioramenti tecnici non portano ad un reddito più elevato per gli agricoltori.

Il modello di Malthus: l’effetto di un miglioramento tecnico.

Figura 2.14 Il modello di Malthus: l’effetto di un miglioramento tecnico.

Partendo da una situazione di equilibrio, nella quale il reddito è al livello di sussistenza, una nuova tecnica (ad esempio un miglioramento nelle tecniche di semina) aumenta la produzione pro capite con la quantità disponibile di terra coltivabile, e quindi il reddito per agricoltore. Il miglioramento degli standard di vita porta ad una crescita della popolazione, e con essa il numero di persone che si dedicano alla coltivazione della terra. Ma la produttività media del lavoro decrescente implica una riduzione del reddito medio pro capite. Alla fine, il reddito torna al livello di sussistenza, anche se questa volta ciò avviene in corrispondenza di un più elevato livello di popolazione.

Perché la popolazione è cresciuta nel nuovo equilibrio? L’output per agricoltore è ora più alto in corrispondenza di ciascuna dimensione della popolazione di agricoltori. La popolazione non torna al livello originale perché il reddito sarebbe al di sopra della sussistenza; la migliore tecnica può assicurare un reddito di sussistenza per una popolazione più grande.

In sintesi, il modello di Malthus prevede che i miglioramenti della tecnica non portino ad un aumento degli standard di vita se:

Nel lungo periodo, un aumento della produttività determinerà un incremento demografico, ma non un aumento del reddito pro capite. Questa scoraggiante conclusione un tempo era considerata così universale e così inesorabile da essere considerata una “legge”, la legge di Malthus.

Einstein Un’analisi grafica del modello di Malthus

L’argomento utilizzato da Malthus è sintetizzato nella figura 2.15. La curva decrescente nella parte sinistra della figura mostra che una maggiore popolazione implica un minore livello dei salari a causa della produttività media decrescente del lavoro; quella crescente nella parte destra della figura mostra invece la relazione tra salari e crescita della popolazione. Quando i salari sono alti la popolazione cresce perché gli standard di vita più elevati portano a più nascite e meno morti.

Un’economia malthusiana

Un’economia malthusiana.

Figura 2.15 Un’economia malthusiana.

Salari e popolazione

Il grafico a sinistra mostra il rapporto tra salari e dimensione della popolazione. In corrispondenza di una dimensione media della popolazione i salari sono al livello di sussistenza (punto A). Con una popolazione meno numerosa, il salario è più elevato perché aumenta la produttività media del lavoro (punto B).

Figura 2.15a Il grafico a sinistra mostra il rapporto tra salari e dimensione della popolazione. In corrispondenza di una dimensione media della popolazione i salari sono al livello di sussistenza (punto A). Con una popolazione meno numerosa, il salario è più elevato perché aumenta la produttività media del lavoro (punto B).

Il tenore di vita influenza la dimensione della popolazione

La retta crescente del grafico a destra mostra che quando i salari (sull’asse verticale) sono elevati, la popolazione (sull’asse orizzontale) aumenta (variazione positiva). Quando i salari sono bassi, la popolazione si riduce (variazione negativa).

Figura 2.15b La retta crescente del grafico a destra mostra che quando i salari (sull’asse verticale) sono elevati, la popolazione (sull’asse orizzontale) aumenta (variazione positiva). Quando i salari sono bassi, la popolazione si riduce (variazione negativa).

Colleghiamo i due grafici

Nel punto A nel grafico di sinistra, la popolazione è di medie dimensioni e il salario è a livello di sussistenza. Riportando questo punto nel grafico a destra in A′, vediamo che la crescita della popolazione è uguale a zero. In A l’economia è dunque in equilibrio: la popolazione rimane costante e il salario rimane al livello di sussistenza.

Figura 2.15c Nel punto A nel grafico di sinistra, la popolazione è di medie dimensioni e il salario è a livello di sussistenza. Riportando questo punto nel grafico a destra in A′, vediamo che la crescita della popolazione è uguale a zero. In A l’economia è dunque in equilibrio: la popolazione rimane costante e il salario rimane al livello di sussistenza.

L’economia ritorna all’equilibrio

Supponiamo che l’economia si trovi nel punto B, con un salario più elevato e una popolazione inferiore. Il punto B’ nel grafico a destra mostra che la popolazione crescerà.

Figura 2.15d Supponiamo che l’economia si trovi nel punto B, con un salario più elevato e una popolazione inferiore. Il punto B’ nel grafico a destra mostra che la popolazione crescerà.

L’economia ritorna all’equilibrio

Quando la popolazione aumenta, l’economia si sposta lungo la retta nel grafico di sinistra: i salari scendono fino a raggiungere il punto di equilibrio A.

Figura 2.15e Quando la popolazione aumenta, l’economia si sposta lungo la retta nel grafico di sinistra: i salari scendono fino a raggiungere il punto di equilibrio A.

Mettendo insieme i due grafici, possiamo illustrare la trappola malthusiana della popolazione: la popolazione sarà costante quando il salario è al livello di sussistenza, aumenterà quando il salario è sopra il livello di sussistenza e diminuirà quando il salario è al di sotto della sussistenza.

La figura 2.16 mostra che, secondo il modello malthusiano, gli standard di vita nel lungo periodo non aumenteranno nemmeno quando la produttività aumenta.

L’introduzione di una nuova tecnica in un’economia malthusiana.

L’introduzione di una nuova tecnica in un’economia malthusiana.

Figura 2.16 L’introduzione di una nuova tecnica in un’economia malthusiana.

L’equilibrio iniziale

Nel punto A, con una popolazione di medie dimensioni e il salario a livello di sussistenza, l’economia è in equilibrio.

Figura 2.16a Nel punto A, con una popolazione di medie dimensioni e il salario a livello di sussistenza, l’economia è in equilibrio.

Un miglioramento tecnico aumenta il salario

Un miglioramento tecnico (per esempio migliori sementi) aumenta la produttività media del lavoro e quindi il salario in corrispondenza di ogni livello di popolazione. Ciò sposta verso l’alto la retta del salario. Al livello iniziale della popolazione, il salario aumenta e l’economia si sposta in D.

Figura 2.16b Un miglioramento tecnico (per esempio migliori sementi) aumenta la produttività media del lavoro e quindi il salario in corrispondenza di ogni livello di popolazione. Ciò sposta verso l’alto la retta del salario. Al livello iniziale della popolazione, il salario aumenta e l’economia si sposta in D.

La popolazione comincia a crescere

Nel punto D, il salario è cresciuto oltre il livello di sussistenza e quindi la popolazione comincia a crescere (punto D’).

Figura 2.16c Nel punto D, il salario è cresciuto oltre il livello di sussistenza e quindi la popolazione comincia a crescere (punto D’).

La popolazione cresce

Dal momento che la produttività media del lavoro è decrescente, la crescita della popolazione fa diminuire il salario: l’economia si muove lungo la curva del salario da D verso C.

Figura 2.16d Dal momento che la produttività media del lavoro è decrescente, la crescita della popolazione fa diminuire il salario: l’economia si muove lungo la curva del salario da D verso C.

Il nuovo punto di equilibrio è in C

Nel punto C, il salario ha raggiunto nuovamente il livello di sussistenza. Da qui in poi la popolazione rimane costante (punto C′). In corrispondenza del nuovo equilibrio (punto C) la popolazione è cresciuta di dimensione rispetto ad A.

Figura 2.16e Nel punto C, il salario ha raggiunto nuovamente il livello di sussistenza. Da qui in poi la popolazione rimane costante (punto C′). In corrispondenza del nuovo equilibrio (punto C) la popolazione è cresciuta di dimensione rispetto ad A.

Esercizio 2.7 Gli standard di vita nel mondo malthusiano

Immagina che il sentiero di crescita della popolazione nella figura 2.15 si sia spostato verso sinistra (con meno persone che nascono, o più persone che muoiono, a qualsiasi livello di salario). Spiegate cosa accade agli standard di vita e perché.

2.9 Trappola malthusiana e stagnazione economica nel lungo periodo

Nel mondo malthusiano, il principale effetto di lungo periodo del progresso tecnico era dunque la crescita demografica. Herbert G. Wells, autore de La guerra dei mondi, nel 1905 scriveva: “[l’umanità] dissipa i grandi doni della scienza con la stessa rapidità con cui li ottiene, in una mera e insensata moltiplicazione della vita ordinaria”.

Ecco che abbiamo una possibile spiegazione della lunga parte piatta del bastone da hockey: gli esseri umani, di quando in quando, hanno inventato modi migliori per fare le cose, sia in campo agricolo sia industriale, e ciò ha determinato un aumento temporaneo del reddito di agricoltori e lavoratori al di sopra del livello di sussistenza. Secondo Malthus, il più alto reddito spingeva le giovani coppie a sposarsi prima e avere più figli, e inoltre riduceva il tasso di mortalità. Ciò portava ad una crescita della popolazione che, alla fine, riportava i redditi al livello di sussistenza, il che può spiegare perché la Cina e l’India, che ai tempi della Rivoluzione industriale avevano economie relativamente evolute, abbiano avuto crescita demografica ma, fino a tempi recenti, livelli di reddito molto bassi.

Come per il nostro modello di progresso tecnico basato sulle rendite da innovazione e i prezzi relativi, anche in questo caso dobbiamo chiederci se vi siano dati empirici a supporto della tesi centrale del modello malthusiano, secondo la quale i redditi tendono a tornare al livello di sussistenza.

La figura 2.17 è coerente con le predizioni di Malthus: dalla fine del XIII secolo fino all’inizio del XVII secolo l’Inghilterra ha avuto un andamento altalenante; periodi di alti salari determinavano crescita demografica, e quindi una riduzione dei salari e una successiva riduzione della popolazione, e così via, in un circolo vizioso.

La figura 2.17 ci fornisce una diversa rappresentazione dello stesso circolo vizioso concentrandosi sul periodo tra il 1340 e il 1600, spiegato nella figura 2.16. Come risultato dell’esplosione della peste bubbonica conosciuta come la peste nera (quella cui fa riferimento il Boccaccio nel suo Decamerone), dal 1349 al 1351 in Europa morì una quota di popolazione compresa tra un quarto e un terzo. La parte bassa della figura mostra i nessi causali che spiegano gli effetti rappresentati nella parte alta.

La trappola malthusiana: salari e popolazione (1280–1600).

Figura 2.17 La trappola malthusiana: salari e popolazione (1280–1600).

Un’economia malthusiana in Inghilterra

Peste nera, offerta di lavoro e salari in un’economia malthusiana.

Figura 2.18 Peste nera, offerta di lavoro e salari in un’economia malthusiana.

allen.2001

L’Inghilterra dei secoli XIV-XVI: un’economia malthusiana

Il caso dell’Inghilterra tra il 1300 e il 1600 illustra bene il funzionamento di un’economia malthusiana.

Figura 2.18a Il caso dell’Inghilterra tra il 1300 e il 1600 illustra bene il funzionamento di un’economia malthusiana.

allen.2001

La peste nera

La peste bubbonica del 1348–50, conosciuta come peste nera, uccise 1,5 milioni di persone su una popolazione inglese stimata di quattro milioni, portando ad una caduta drammatica dell’offerta di lavoro.

Figure 2.19b La peste bubbonica del 1348–50, conosciuta come peste nera, uccise 1,5 milioni di persone su una popolazione inglese stimata di quattro milioni, portando ad una caduta drammatica dell’offerta di lavoro.

allen.2001

Dopo la peste i salari aumentarono

La riduzione della popolazione produsse un vantaggio economico per gli agricoltori e gli altri lavoratori sopravvissuti: gli agricoltori ebbero maggiore disponiblità di terra e terreni di migliore qualità, e i lavoratori poterono richiedere salari più alti. A seguito della peste i redditi crebbero.

Figura 2.18c La riduzione della popolazione produsse un vantaggio economico per gli agricoltori e gli altri lavoratori sopravvissuti: gli agricoltori ebbero maggiore disponiblità di terra e terreni di migliore qualità, e i lavoratori poterono richiedere salari più alti. A seguito della peste i redditi crebbero.

allen.2001

Contadini e operai trassero vantaggio dalla maggiore forza contrattuale

Nel 1351, re Edoardo III d’Inghilterra promulgò uno Statuto dei lavoratori finalizzato a contenere i salari, e si aprì così un periodo di ribellioni contro l’autorità, culminate con la rivolta dei contadini del 1381. Nonostante le politiche tese ad impedirlo, i redditi continuarono ad aumentare.

Figura 2.18d Nel 1351, re Edoardo III d’Inghilterra promulgò uno Statuto dei lavoratori finalizzato a contenere i salari, e si aprì così un periodo di ribellioni contro l’autorità, culminate con la rivolta dei contadini del 1381. Nonostante le politiche tese ad impedirlo, i redditi continuarono ad aumentare.

allen.2001

Durante il XVI secolo la popolazione aumentò

A metà del XV secolo, i salari reali dei lavoratori inglesi nel settore delle costruzioni erano raddoppiati. I maggiori salari contribuirono a far aumentare la popolazione durante tutto il XVI secolo, ma si verificò quanto previsto dalla legge di Malthus: quando la popolazione aumenta, i redditi diminuiscono.

Figura 2.18e A metà del XV secolo, i salari reali dei lavoratori inglesi nel settore delle costruzioni erano raddoppiati. I maggiori salari contribuirono a far aumentare la popolazione durante tutto il XVI secolo, ma si verificò quanto previsto dalla legge di Malthus: quando la popolazione aumenta, i redditi diminuiscono.

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La stagnazione malthusiana (1350–1600)

Nel 1600, i salari reali erano tornati al livello di 300 anni prima.

Figura 2.18f Nel 1600, i salari reali erano tornati al livello di 300 anni prima.

allen.2001

Causa e effetto nell’economia malthusiana

Il nostro modello di economia malthusiana ci consente di spiegare la crescita e la successiva caduta dei redditi in Inghilterra tra il 1300 e il 1600.

Figura 2.18g Il nostro modello di economia malthusiana ci consente di spiegare la crescita e la successiva caduta dei redditi in Inghilterra tra il 1300 e il 1600.

allen.2001

La riduzione, a seguito della peste nera, del numero di persone impiegate in agricoltura aumentò la produttività agricola, in coerenza con il principio della produttività media del lavoro decrescente. Migliorò la condizione dei contadini proprietari della terra su cui lavoravano, così come quella dei fittavoli. Anche chi impiegava lavoro nelle città doveva offrire salari più alti, se voleva attrarre i lavoratori dalle aree rurali.

I nessi causali della figura 2.16 combinano le due caratteristiche del modello malthusiano con gli sviluppi politici, causa ed effetto dei cambiamenti economici. Nel 1349 e nel 1351 re Edoardo III d’Inghilterra promulgò leggi finalizzate a contenere l’aumento dei salari. In quel caso, per effetto della riduzione dell’offerta di lavoro, l’economia vinse sulla politica: i salari continuarono ad aumentare e i contadini iniziarono a far valere la loro accresciuta forza chiedendo, in particolare con la ribellione del 1381, più libertà e meno tasse.

Ma quando la popolazione tornò a crescere nel XVI secolo, l’offerta di lavoro aumentò e i salari si ridussero. Sulla base di questi dati, possiamo dire che la teoria malthusiana risulta coerente con la storia inglese del periodo analizzato.

Domanda 2.7 Scegliete le risposte corrette

Guardate nuovamente alla figura 2.1 e alla figura 2.18 che mostrano l’indice dei salari reali in Inghilterra tra il 1300 e il 2000. Considerando le seguenti informazioni:

  • durante la peste bubbonica del 1348 e 1351, morì tra un quarto e un terzo della popolazione europea;
  • nel XVII e XVIII secolo, in Inghilterra, il rapporto tra il salario di un operaio inglese e il reddito di un proprietario terriero era pari a un quinto di quello che era stato nel XVI secolo;

possiamo concludere che

  • Secondo il modello malthusiano, la riduzione della popolazione dovuta alla peste bubbonica avrebbe portato ad un aumento della produttività media dei lavoratori, provocando l’aumento dei salari reali osservato dopo la piaga.
  • Il fatto che l’indice dei salari reali sia raddoppiato e dimezzato per oltre 250 anni a partire da circa il 1350 è contrario al modello malthusiano.
  • vLa diminuzione della quota di produzione totale dei lavoratori non qualificati sul totale del prodotto nel XVII e XVIII secolo è dovuta alla diminuzione della loro produttività media.
  • La diminuzione dei salari relatii dei lavoratori non qualificati nel XVII e XVIII secolo è stato uno dei fattori che hanno portato alla ripresa del salario reale nel XIX secolo, evidenziato nel grafico.
  • Nel modello Malthusian, meno lavoratori significa maggiore produttività media e quindi maggiore produzione pro capite. Dato che il loro potere contrattuale non è rimasto costante ma in realtà aumentato, i lavoratori hanno rivendicato una quota maggiore di questa produzione e i salari reali sono aumentati.
  • Secondo il modello malthusiano, l’aumento della popolazione causato dall’incremento dei salari reali avrebbe portato ad una diminuzione della produttività media, con un calo del salario reale fino al livello di sussistenza. Questo sembra essere quello osservato nel grafico.
  • Il prodotto medio del lavoro determina la dimensione della torta (la produzione totale), ma la quota rivendicata dai lavoratori è determinata dalla loro potere contrattuale, che è diminuito lungo i cicli malthusiani nel grafico.
  • Al contrario, la crescita salariale è avvenuta nonostante i bassi salari relativi rispetto ai redditi dei proprietari terrieri. La chiave di questo processo è che i salari sono rimasti alti rispetto ai prezzi dell’energia e dei beni strumentali, spingendo le innovazioni verso tecniche labour saving.

Esercizio 2.8 Cosa aggiungereste?

Il diagramma con i nessi di causalità della figura 2.18 ha fatto uso dell’assunzione ceteris paribus.

  1. In che modo questo modello semplifica la realtà?
  2. Quali aspetti sono stati trascurati?
  3. Provate a ridisegnare il diagramma in modo da includere altri fattori che ritenete importanti.

Esercizio 2.9 Definire il progresso economico

Dopo la peste nera i salari reali aumentarono sensibilmente in molti altri paesi per i quali abbiamo dati, tra cui Spagna, Italia, Egitto, i paesi balcanici e Costantinopoli (l’attuale Istanbul).15

La gente comune … voleva le cose più costose e i cibi più delicati … mentre i bambini e le donne del popolo indossavano gli abiti belli e costosi delle persone illustri che erano morte.

— Matteo Villani, Firenze (1363).

  1. Villani, che viveva a Firenze, si lamentava anche del fatto che gli operai chiedessero salari tre volte più alti che in precedenza. Perché secondo voi era irritato da questo fatto?
  2. Considerate la crescita del salario reale e la crescita del PIL pro capite come possibili misure di progresso economico. Qual è la differenza?
  3. Quale argomento siete in grado di proporre a sostegno dell’uso di una misura o l’altra, e quali sono i difetti di ciascuna?
  4. Confrontatevi con altri studenti su questo punto. Vi trovate d’accordo? Se siete in disaccordo, vi sono considerazioni che possono farvi superare il vostro disaccordo? In caso contrario, su cosa non trovate accordo?

Ci siamo concentrati sugli agricoltori e il lavoro salariato, ma non tutti nell’economia erano bloccati nella trappola malthusiana. Man mano che la popolazione continua a crescere, cresce anche la domanda di cibo; pertanto, la terra utilizzata per produrre cibo, disponibile in quantità limitata, aumenta di valore. Ci aspettiamo dunque che, in un mondo malthusiano, la crescita demografica porti ad un aumento, almeno in termini relativi, della ricchezza dei proprietari terrieri.

È quel che accadde in Inghilterra: la figura 2.18 mostra che i salari reali non aumentarono nel lungo periodo (nel 1800 non erano maggiori che nel 1450), ma il divario tra proprietari terrieri e lavoratori aumentò. Nel XVII e XVIII secolo, in Inghilterra, il rapporto tra il reddito di un proprietario terriero e il salario di un operaio inglese era pari a cinque volte quello che era stato nel XVI secolo.

Ma benché i salari si riducessero rispetto alle rendite dei proprietari terrieri, non era questo il prezzo relativo rilevante nella spiegazione di come l’Inghilterra poté sfuggire alla trappola malthusiana. L’aspetto cruciale è che, come abbiamo visto, i salari rimasero alti in rapporto al prezzo del carbone (figura 2.9) e aumentarono addirittura rispetto al costo dell’utilizzo dei beni capitali (figura 2.10).

2.10 La fuga dalla trappola malthusiana

Nassau Senior, l’economista che si lamentava che il numero di morti per la carestia irlandese non sarebbe stato sufficiente a condurre a risultati positivi, non ci appare certo una persona compassionevole. Ma lui e Malthus avevano ragione a pensare che la crescita della popolazione e un prodotto medio del lavoro decrescente potessero creare un circolo vizioso di stagnazione economica e povertà. Il grafico del bastone da hockey del tenore di vita ci mostra tuttavia che essi avevano torto a credere che questa situazione non sarebbe potuta mai cambiare. Ciò che non avevano considerato era la possibilità che i miglioramenti della tecnica potessero avvenire ad un tasso più rapido della crescita della popolazione, compensando la caduta della produttività media del lavoro.

In presenza della rivoluzione tecnologica permanente, a quanto pare, il modello malthusiano cessa di essere una ragionevole descrizione del mondo. Il tenore di vita medio è cresciuto rapidamente e in modo permanente dopo la rivoluzione capitalista.

La figura 2.19 mostra i dati sul salario reale e sulla popolazione dal 1280 al 1860. Come abbiamo visto nella figura 2.17, dal XIII al XVI secolo vi era un’evidente relazione negativa tra popolazione e salari reali: quando una variabile saliva, l’altra scendeva, proprio come suggerito dalla teoria malthusiana.

Tra la fine del XVI e l’inizio del XVIII secolo, pur in presenza di una crescita dei salari, ci fu un aumento relativamente contenuto della popolazione. Attorno al 1740, possiamo vedere di nuovo all’opera la relazione malthusiana, etichettata nella figura con “XVIII secolo”. Poi, intorno al 1800, l’economia si mosse verso un regime del tutto nuovo, in cui popolazione e salario reali crescono simultaneamente. Si tratta della “fuga”.

La fuga dalla trappola malthusiana. Note: per la produttività del lavoro e i salari reali utilizziamo una media mobile quinquennale.

Figura 2.19 La fuga dalla trappola malthusiana. Note: per la produttività del lavoro e i salari reali utilizziamo una media mobile quinquennale.

La figura 2.20 mette a fuoco i dati sui salari in questa ultima fase. La storia della rivoluzione tecnologica permanente ha due ordini di effetti sui salari.

La fuga dalla trappola malthusiana.

La fuga dalla trappola malthusiana.

Figura 2.20 La fuga dalla trappola malthusiana.

allen.2001

La fuga dalla trappola malthusiana.

L’economia inglese, che nel XVIII secolo segue ancora una dinamica malthusiana, nel corso del XIX secolo si muove verso un nuovo regime, non malthusiano, con salari reali crescenti e popolazione in aumento.

Figura 2.20a L’economia inglese, che nel XVIII secolo segue ancora una dinamica malthusiana, nel corso del XIX secolo si muove verso un nuovo regime, non malthusiano, con salari reali crescenti e popolazione in aumento.

allen.2001

La rivoluzione tecnologica permanente.

La storia inizia con innovazioni tecniche, come la spinning jenny e il motore a vapore, che aumentano la produttività del lavoro. Le innovazioni continuano e la rivoluzione tecnologica diventa permanente, sostituendo migliaia di filatrici, tessitori e agricoltori.

Figura 2.20b La storia inizia con innovazioni tecniche, come la spinning jenny e il motore a vapore, che aumentano la produttività del lavoro. Le innovazioni continuano e la rivoluzione tecnologica diventa permanente, sostituendo migliaia di filatrici, tessitori e agricoltori.

allen.2001

Disoccupazione urbana

La perdita del lavoro riduce il potere contrattuale dei lavoratori, mantenendo bassi i salari, come si vede dall’andamento piatto nel periodo tra il 1750 e il 1830. in questo periodo la dimensione della torta cresce, ma non la quota che va ai lavoratori.

Figura 2.20c La perdita del lavoro riduce il potere contrattuale dei lavoratori, mantenendo bassi i salari, come si vede dall’andamento piatto nel periodo tra il 1750 e il 1830. in questo periodo la dimensione della torta cresce, ma non la quota che va ai lavoratori.

allen.2001

Nuove opportunità

Negli anni Trenta la più alta produttività e i bassi salari portano ad un aumento dei profitti, e questo, insieme alla concorrenza e alla tecnica, rende possibile l’espansione dell’attività economica. La domanda di lavoro cresce, e sono in molti a lasciare i campi per trovare un impiego nelle nuove fabbriche.

Figura 2.20d Negli anni Trenta la più alta produttività e i bassi salari portano ad un aumento dei profitti, e questo, insieme alla concorrenza e alla tecnica, rende possibile l’espansione dell’attività economica. La domanda di lavoro cresce, e sono in molti a lasciare i campi per trovare un impiego nelle nuove fabbriche.

allen.2001

Il potere contrattuale dei lavoratori.

L’offerta di lavoro si riduce quando viene impedito alle imprese di assumere i bambini. La combinazione di una crescente domanda di lavoro e un’offerta decrescente aumenta la forza contrattuale dei lavoratori.

Figura 2.20e L’offerta di lavoro si riduce quando viene impedito alle imprese di assumere i bambini. La combinazione di una crescente domanda di lavoro e un’offerta decrescente aumenta la forza contrattuale dei lavoratori.

allen.2001

La fuga dalla teoria malthusiana

Il potere contrattuale dei lavoratori aumenta quando i lavoratori ottengono il diritto di voto e si organizzano in sindacati. I lavoratori sono in grado di appropriarsi di una quota costante o addirittura crescente degli incrementi di produttività generati dalla rivoluzione tecnologica permanente.

Figura 2.20f Il potere contrattuale dei lavoratori aumenta quando i lavoratori ottengono il diritto di voto e si organizzano in sindacati. I lavoratori sono in grado di appropriarsi di una quota costante o addirittura crescente degli incrementi di produttività generati dalla rivoluzione tecnologica permanente.

allen.2001

Dopo il 1830 la torta continuò a crescere, e la quota dei lavoratori crebbe con essa. L’Inghilterra era sfuggita alla trappola malthusiana. Lo stesso processo sarebbe stato presto replicato in altri paesi, come illustrato dalle figure 1.1 e 1.1-bis.

Nel nostro video Economisti in azione, Suresh Naidu, uno storico economico, spiega come la crescita della popolazione, lo sviluppo tecnologico e gli eventi politici hanno interagito per produrre il vero bastone da hockey.

Domanda 2.8 Scegliete le risposte corrette

La figura 2.19 mostra i dati sul salario reale e sulla popolazione dal 1280 al 1860. Secondo Malthus, con il prodotto medio del lavoro decrescente e la crescita della popolazione in risposta agli aumenti dei salari reali, un aumento della produttività comporterà una maggiore popolazione, ma non più alti salari reali nel lungo periodo. Sulla base delle informazioni di cui sopra, quale delle seguenti affermazioni è corretta?

  • Tra il 1800 e il 1860, la popolazione cresce e i salri reali aumentano. Ciò è perfettamente in linea con il modello di Malthus sulla crescita dell’economia.
  • Vi è una chiara evidenza di una trappola malthusiana persistente e continua tra i 1280 e gli anni 1800.
  • Le trappole malthusiane sembrano verificarsi in un ciclo di 60 anni.
  • Il modello malthusiano non tiene conto della possibilità di un persistente shock tecnologico positivo che possa compensare il prodotto medio decrescente del lavoro.
  • È vero che Malthus assume la crescita della popolazione in risposta agli aumenti reali del salario. Tuttavia, poiché la popolazione aumenta il prodotto medio pro capite diminuisce, con conseguente calo dei salari reali al livello di sussistenza. Questo non è evidente nel grafico post-1800.
  • Ci sono in realtà due periodi — tra il 1280 e il 1590 e tra il 1740 e il 1800 — in cui la trappola malthusiana è evidente. C’è però il periodo intermedio, quando la relazione negativa tra il salario reale e la popolazione sembra rompersi (senza crescita della popolazione, nonostante l’aumento dei salari).
  • Anche se il secondo ciclo della trappola malthusiana durò circa 60 anni (tra il 1740 e il 1800), il primo ciclo sembra aver durato circa 300 anni.
  • Se le innovazioni tecnologiche aumentano la produttività media del lavoro più velocemente di quanto la crescita della popolazione la riduca, la crescita della popolazione e dei salari reali possono coesistere. Questo è ciò che viene mostrato dalla traiettoria di fuga dell’economia inglese dopo il XVIII secolo.

Esercizio 2.10 Le istituzioni fondamentali del capitalismo

La fuga dalla trappola malthusiana, in cui il progresso tecnologico ha superato gli effetti della crescita della popolazione, ha avuto luogo a seguito della nascita del capitalismo. Considerando le tre istituzioni fondamentali del capitalismo, ci poniamo alcune domande.

  1. Perché la proprietà privata è importante per il progresso tecnologico avvenga?
  2. In che modo i mercati possono offrire sia la carota sia il bastone per incoraggiare l’innovazione?
  3. In che modo il fatto che la produzione avvenga nell’ambito delle imprese, e non delle famiglie, contribuisce alla crescita degli standard di vita?

2.11 Conclusioni

In questo capitolo abbiamo introdotto un modello economico nel quale le tecniche di produzione delle imprese dipendono dai prezzi relativi degli input, e la rendita economica derivante dall’adozione di una nuova tecnologia offre un incentivo alle imprese ad innovare. Il confronto delle predizioni di questo modello coi dati storici dimostra che esso potrebbe fornire una spiegazione convincente del perché la Rivoluzione industriale si è verificata in Inghilterra nel XVIII secolo.

Abbiamo poi mostrato come il circolo vizioso del modello malthusiano, per il quale la crescita della popolazione compensa ogni aumento temporaneo del reddito, possa spiegare la stagnazione degli standard di vita nei secoli precedenti la Rivoluzione industriale, fino al momento in cui la rivoluzione tecnologica permanente ha permesso, grazie ai miglioramenti tecnologici, di sfuggire alla trappola della stagnazione.

Concetti introdotti nel Capitolo 2

Prima di procedere, verificate di aver ben compreso questi concetti:

  1. Malthus, T. R. (1798), An Essay on the Principle of Population, J. Johnson, Londra (trad. it. Saggio sul principio della popolazione, UTET, Torino, 1868). 

  2. Davis, M. (2000), Late Victorian holocausts: El Niño, Famines and the Making of the Third World, Verso Books, Londra (trad. it. Olocausti tardovittoriani: el niño, le carestie e la nascita del Terzo mondo, Feltrinelli, Milano, 2002). 

  3. Allen, R. C. (2011), Global Economic History: A Very Short Introduction, Oxford University Press, Oxford (trad. it. Storia economica globale, Il Mulino, Bologna, 2013). 

  4. Mokyr, J. (2002), The Gifts of Athena: Historical Origins of the Knowledge Economy, Princeton University Press, Princeton (NJ) (trad. it. I doni di Atena: le origini storiche dell’economia della conoscenza, Il Mulino, Bologna, 2004). 

  5. Landes, D. S. (2006), “Why Europe and the West? Why not China?”, Journal of Economic Perspectives, 20, pp. 3–22. 

  6. Clark, G. (2007), A Farewell to Alms: A Brief Economic History of the World, Princeton University Press, Princeton (NJ) (trad. it. Senza pietà: breve storia economica del mondo, Codice, Torino, 2009). 

  7. Pomeranz, K. L. (2000), The Great Divergence: Europe, China, and the Making of the Modern World Economy, Princeton University Press, Princeton (NJ) (trad. it. La grande divergenza: la Cina, l’Europa e la nascita dell’economia mondiale moderna, Il Mulino, Bologna, 2004). 

  8. Landes, D. S. (1990), “Why are we so rich and they so poor?”, American Economic Review, 80, pp. 1–13. 

  9. Schumpeter, J. A. (1949), “Science and ideology”, American Economic Review, 39, pp. 345–359. 

  10. Schumpeter, J. A. (1942), Capitalism, Socialism, and Democracy, Harper & Brothers, New York (trad. it. Capitalismo socialismo e democrazia, Edizioni di Comunità, Milano, 1955). 

  11. Schumpeter, J. A. (1951), Ten great economists: from Marx to Keynes, Oxford University Press, New York (trad. it. Epoche di storia delle dottrine e dei metodi. Dieci grandi economisti, UTET, Torino, 1953). 

  12. Allen, R. C. (2009), “The Industrial Revolution in miniature: the spinning jenny in Britain, France, and India”, Journal of Economic History, 69, pp. 901. 

  13. Landes, D. S. (1969), The Unbound Prometheus: Technological Change and Industrial Development in Western Europe from 1750 to the Present, Cambridge University Press, Cambridge (UK) (trad. it. Prometeo liberato: trasformazioni tecnologiche e sviluppo industriale nell’Europa occidentale dal 1750 ai giorni nostri, Einaudi, Torino, 1978). 

  14. Gregory Clark sostiene che dalla preistoria fino al XVIII secolo tutto il mondo è stato malthusiano: Clark, G. (2007), A Farewell to Alms: A Brief Economic History of the World, Princeton University Press, Princeton (NJ) (trad. it. Senza pietà: breve storia economica del mondo, Codice, Torino, 2009). James Lee e Wang Feng analizzano le peculiarità dello sviluppo demografico cinese, mettendo in dubbio l’ipotesi malthusiana che la povertà cinese fosse dovuta alla crescita della popolazione: Lee, J. e W. Feng (1999), “Malthusian models and Chinese realities: the Chinese demographic system 1700-2000”, Population and Development Review, 25, pp. 33–65. 

  15. McNeill, W. H. (1976), Plagues and Peoples, Anchor Press, Garden City (trad. it. La peste nella storia: epidemie, morbi e contagio dall’antichita all’eta contemporanea, Einaudi, Torino, 1981).